Dopo alcuni corti letteralmente folgoranti, tra i quali Ice Scream e Child K (premio speciale ai Nastri d’Argento 2016), Roberto De Feo, nato a Bari nel 1981 ma il più internazionale fra i registi italiani, esordisce al lungometraggio con The Nest.
In cima alla classifica degli incassi horror italiani in assoluto, The Nest, presentato a Locarno, diventa la miglior opera prima horror del cinema italiano, e nell’ambiente cinematografico e tra il pubblico se ne sente parlare sempre di più.
La ragione per la quale The Nest di distacca dalle comuni produzioni di genere italiane è da subito evidente. Fin dalla prima inquadratura spicca prepotentemente la cura formale con la quale il film è stato costruito. Ogni dettaglio è studiato con attenzione, la fotografia rimanda a quadri fiamminghi, i chiaroscuri e le inquadrature sono claustrofobici grazie al sapiente uso della macchina da presa e delle luci. Visivamente ricco, appagante per gli occhi, ogni immagine in The Nest è carica di significato.
Ci troviamo nella meravigliosa e gotica Villa dei Laghi, in Piemonte, isolata ed immersa fra ettari ed ettari di boschi. Il tempo qui scompare, ed infatti si fatica a datare l’ambientazione, di proposito, mentre ogni cosa resta sospesa.
C’è un bambino rapito nella culla, un incidente d’auto, e poi anni dopo ritroviamo quel bambino, Samuel – interpretato da un Justin Korovkin gracile ma dallo sguardo di ferro – immobilizzato su una sedia a rotelle e accudito – in modo severo ed ossessivo – dalla madre e da uno stuolo di amici di famiglia, tra i quali un medico, il dottor Christian (Maurizio Lombardi), che non ha nulla da invidiare ad un torturatore nazista.
Elena, la madre, interpretata da una incredibile Francesca Cavallin appare da subito una lady cupissima e fatale (per l’incolumità altrui), dedita alle cure amorose materne sino alla follia: il suo personaggio, delineato con delicatezza e complessità, rinuncia a tutto per amore. Ma l’amore quando è cieco, appassionato, disperato, può rivelarsi anche attraverso sembianze mostruose.
Samuel non è libero di uscire dalla Villa, ma inizia a dare un nome alla sua inquietudine solo dopo l’arrivo della quindicenne Denise (Ginevra Francesconi) orfana e bisognosa di un luogo in cui stare. La vitale e maliziosa bellezza della ragazzina, infonderanno curiosità e insinueranno dubbi nel cuore dell’adolescente, fino alla scoperta di una verità incredibile, impensabile.
La sceneggiatura è serrata ed efficace, frutto del lavoro dello stesso de Feo con Margherita Ferri. Le musiche, affidate all’infallibile Theo Teardo, rivestono un ruolo importante. La melodia classica, che fa da contrappunto ad una scena violentissima, riecheggia con Rossini le efferatezze di Arancia Meccanica e rappresenta il desiderio di restare attaccati al passato, a una tradizione che cade a pezzi come un castello di carta, un paradiso artificiale – mentre il rock dei Pixies (Where is my mind?) indica la tensione alla ribellione e alla conoscenza. Che però, nel caso del film, può rivelarsi molto pericolosa.
Bello, originale, magistralmente costruito e soprattutto spaventoso, The Nest ha il coraggio di andare oltre i confini (spaziali, mentali, politici, culturali… a ognuno il suo) e si piazza, per il momento senza rivali, come uno dei migliori horror italiani degli ultimi anni.
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