Trama: Laura (Belén Rueda) ha trascorso anni felici dell’ infanzia in un orfanotrofio vicino al mare, accudita dal personale e dagli altri bambini che lei ha amato come fossero fratelli e sorelle, prima di essere adottata. Trent’anni dopo, torna in quell’immensa dimora con suo marito Carlos e il figlio Simon di 7 anni, con il sogno di ristrutturarla e per farne una casa per bambini disabili. In quei luoghi Simon, gravemente ammalato a sua insaputa, comincia ad intrecciare una tela di storie fantastiche e di giochi con amici che la mamma crede siano solo immaginari…
The Orphanage di Juan Antonio Bayona è un film del terrore piacevolmente inusuale, infatti fin dal titolo e soprattutto nella prima parte segue gli stilemi classici di genere: coppia felice (ancora per poco…) che va a vivere in una grande casa abbandonata, apparizione di bimbetto gracile ma vagamente assassino con un sacco sulla testa a nascondere un volto che supponiamo deforme, ecc…
Questa introduzione orrorifica in realtà non serve ad altro se non a disorientare lo spettatore, come un uno gioco a nascondino, nel quale chi conta viene fatto girare su sé stesso più volte.
Infatti la vera meta di The Orphanage non è quella di colpire allo stomaco con lo spavento bensì al cuore, trasformando un circo degli orrori in una storia profondamente drammatica fatta di sentimenti struggenti e amore materno, che azzera la distanza tra buoni e cattivi. In questo l’ottima interpretazione della protagonista, Belen Rueda, che sostiene il film, è fondamentale. Anche nei lavori successivi il regista iberico non mancherà di mescolare abilmente finzione e realismo, non nel realismo magico ma nella visione della cruda realtà la cui comprensione ed elaborazione può essere data solo grazie ad eventi fantastici, proprio come nella narrazione di una fiaba. Bayona tratta i sui spettatori come bambini, e per descrivere una sequenza di fatalità tragiche, adopera l’immaginazione. Girando e rigirando su noi stessi, inseguendo mostri e fantasmi, ci ritroviamo proprio nel luogo che la mente avrebbe preferito evitare, cioè di fronte alla verità.
Lo spagnolo, classe 1975, Bayona, è infatti un regista dalla filmografia e dalle peculiarità fuori dal comune. Giornalista cinematografico, finanziatore di Guillermo del Toro ai suoi esordi, dopo la laurea inizia la regia di videoclip e spot pubblicitari prima di dare alla luce il suo primo lungometraggio, che è appunto The Orphanage, uscito nel 2008. Stavolta sarà l’amico Guillermo Del Toro a co-produrre il film di Bayona. La restante filmografia del regista è molto esigua, si riduce tutta a 3 film: The Impossible, che racconta lo tsunami realmente accaduto nell’Oceano indiano nel 2004, il fantasy Sette minuti dopo la mezzanotte, vincitore del Premio Goya 2017 ed infine lo spettacolare Jurassic World – Il regno distrutto (2018)
Presentato con grande successo di pubblico al Festival di Cannes 2007, apprezzato dalla critica, The Orphanage è diventato subito un successo commerciale in Spagna e in Europa, guadagnandosi ben 6 Premi Goya, tra i quali quello per il miglior regista esordiente.
Il film può contare sull’autore dello script, Sergio Sanchez (la cui sceneggiatura risale al 1996), che rivela l’influenza letteraria di “Giro di vite” di Henry James.
The Orphanage si inserisce senza sfigurare del felice filone dell’horror spagnolo e attinge un po’ ovunque (The Others…ma anche la storia di Peter Pan) ispirazione, con risultati commoventi e poetici che fanno perdonare qualche furberia iniziale, come si perdonerebbe ad un funambolo di averci distratto ed incantato per rubarci, a tradimento, una lacrima.
«Non bisogna vedere per credere, ma credere per vedere»
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