Tony (Emmanuelle Bercot) è un’avvocatessa che incontra il ricco faccendiere Georgio (Vincent Cassel) in un locale notturno e se ne innamora pazzamente, ricambiata con entusiamo e passione. Ma Tony è anche una madre quarantenne che sciando perde il controllo della velocità e si frattura un ginocchio, essendo costretta poi ad una lunga e dolorosa riabilitazione in un centro medico. Il montaggio in parallelo delle due fasi della vita della protagonista ci mostrano l’inizio e la fine di una storia d’amore, quella con un uomo facile da avere ed impossibile da tenere – come si direbbe in un film di Truffaut. Uscire da una simile relazione matrimoniale, durata 10 anni, fatta di picchi di felicità e abissi di solitudine e litigi violenti, significa letteralmente intraprendere un difficile percorso di riabilitazione.
L’amore, secondo la regista Maïwenn Le Besco, può equivalere alla rottura di un legamento crociato. Quanto ci vorrà per guarire? Un anno, afferma qualcuno. Tre anni? No, non bastano, non si camminerà mai più come prima, dice un altro paziente del centro riabilitativo. Ma Tony ce la farà, starà di nuovo in piedi sulle sue gambe, anche se zoppicando, non senza aver attraversato una grande sofferenza.
Mon roi – il mio re segue una narrazione priva di proclami e partigianerie, che con la struttura di un noir, di fronte al delitto di un amore diventato improvvisamente veleno, ricerca la verità, ascoltando tutte le voci. Le diverse fasi della relazione vanno di pari passo con gli umori imprevedibili di Georgio, un uomo affascinante e complesso, pieno di energia vitale ma anche di problemi oscuri. Tony lo ama senza riserve, come – da un suo discorso in veste di avvocato – può fare una donna intelligente che ha già amato, che ha molto atteso, che si abbandona del tutto a quella gioia senza limiti. Anche Georgio la ama, secondo il suo modo di amare. Un suo intenso monologo lo redime da qualsiasi stigmatizzazione di narcisismo o personalità istrionica: “io sono sempre stato così, perchè non puoi amarmi per quello che sono? Eppure non ci siamo conosciuti in biblioteca, sei stata tu a cercarmi, e mi hai cercato proprio perchè ero così”.
Non che Georgio non sia però del tutto ego-riferito. Mon roi – il mio re mostra il diverso modo di comunicare ed essere di due regni molto diversi, quello maschile e quello femminile. Tony piange e si dispera, lui sembra sempre indifferente e preso da sè stesso, dalla sua ex, dai suoi amici ed affari. Il dolore che Georgio prova, perchè soffre anche lui, si trasforma subito in rabbia e vendetta. Non è in grado di gioire dei successi professionali della moglie, come non è in grado di stare accanto a lei e al figlio nella routine quotidiana. Si nutre di altezze, adrenalina, conquiste, riconquiste, gesta eclatanti, ma annega nelle piccole cure quotidiane che richiedono costanza e presenza.
Parenti e amici mettono in guardia Tony, cercando di “farle aprire gli occhi” ma lei, come darle torto, non vuole arrendersi alle difficoltà, le vorrebbe superare, per amore di lui e della nuova famiglia appena nata. Come fare a capire quando è il caso di allontanarsi, di mollare davvero? Quando Tony riacquisterà lucidità, distacco e consapevolezza, sarà Georgio a cercarla, a supplicarla, a travolgerla, in quel ciclo interminabile di alti e bassi che sono il suo elettrocardiogramma.
Due mondi diversi si incontrano dando vita ad esplosioni di passione e gioia, come due cascate destinate a fondersi solo per breve tempo, oppure l’una ingloberà ed annullerà l’altra. Anche quando ognuno, con lenta difficoltà, quella che ci vuole per riaggiustare delle ossa frantumate, prenderà la sua strada, è con immutato amore e adorazione che Tony guarderà il volto dell’uomo che ama, del suo re.
Il film, interpretato splendidamente da un Cassel sempre su di giri e da una frastornata e bravissima Bercot è stato premiato al Festival di Cannes per la migliore performance dell’attrice e ha ottenuto 7 candidature a Cesar. La regista aveva avuto già molti riconoscimenti grazie al film Polisse del 2011, da lei scritto, diretto e interpretato, che raccontava le vicende della squadra di protezione dei minori della polizia di Parigi.
Anche Mon roi – il mio re descrive bene dei misfatti di cui non si occupa il questore, ma che travolgono e investono del tutto, rischiando di distruggerli, sia l’anima che il corpo.
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