Se c’è un potere rivoluzionario, una forza vivifica e ribelle nel cinema fantastico, il pluripremiato regista messicano Guillermo del Toro ne è ben consapevole, avendone fatto la cifra estetica dei suoi film che mettono al comando l’immaginazione, ma anche la malinconica poesia che ne deriva. Dal suo cinema di mostri, raramente malvagi, dalla sua creatività vulcanica di scrittore e produttore, nasce la mini serie statunitense Cabinet of Curiosities (Guillermo del Toro’s Cabinet of Curiosities).
Composta da 8 episodi, ognuna con un regista e un cast diverso, Cabinet of Curiosities può vantare una grande cura per i dettagli, una confezione formale eccellente e una certa raffinatezza, sia per la scelta delle tematiche che per la messa in scena, che spesso è una festa per gli occhi, come il cinema dovrebbe essere.
Nell’attuale panorama del cinema sovrannaturale, che invece di essere fantastico appare prevedibile e stereotipato su canovacci triti e ritriti, Cabinets of curiosities è una boccata d’ossigeno perchè ogni episodio, a modo suo, dal più al meno riuscito, vuole stupire, inorridire ed emozionare, mostrando che ogni cosa è possibile, anche la più impensabile e terrificante. Di ambientazione spesso tardo ottocentesca e gotica, ma viaggiando a piacimento nel tempo, toccando gli anni 70 e l’età contemporanea, gli otto racconti sono tutti introdotti e presentati da Del Toro in persona. Impossibile non ripensare alla serie americana Alfred Hitchcock presenta nella quale era il maestro del giallo a presentare ogni episodio e che, proprio come The Cabinets, non aveva una trama lineare, né personaggi fissi, ma solo un elemento in comune: il crimine. Nel lavoro di Del Toro l’elemento in comune è il fantastico.
Lo stesso Hitchcock ebbe a dire, riguardo alla serie: «Essa riporta il crimine in casa, dove esso risiede». Possiamo allora aggiungere che gli episodi del regista messicano riportano in casa l’immaginazione, dove essa risieda.
Lo stile degli episodi rievoca, anzi, riesuma, per restare in tema, anche il favoloso Creepshow, film a episodi del 1982, diretto da George A. Romero e scritto da Stephen King, che era un omaggio dei due autori ai fumetti horror della EC Comics, pubblicati in America dal secondo dopoguerra fino agli anni cinquanta quando le censura ne terminò le pubblicazioni.
Ben vengano dunque, pur nella difformità dei risultati e della qualità – l’ultimo episodio, l’ottavo, è uno dei più suggestivi, ben interpretati e commoventi – operazioni di questo tipo che senza estatica contemplazione di sè ma con generosità, danno spazio anche a registi meno noti e riportano in primo piano il potere – mai sottovalutarlo – dell’immaginazione.
“Immaginazione è la regina del vero, e il possibile è una delle province della verità.”
(Charles Baudelaire)
Lascia un commento