Alla prossima Festa del cinema di Roma verrà presentato “La moglie dell’animale” (La mujer del animal), di Victoria Gaviria, regista colombiano.
Victor è uno de cineasti colombiani più conosciuti a livello mondiale. Psicologo di ottimo livello, utilizza anche le sue conoscenze di studioso in ambito cinematografico. Non solo, è anche poeta e scrittore.
Anni addietro ottenne molti consensi con alcune delle sue opere cinematografiche al Festival di Cannes, e nel 2006 il suo “Sumas y Restas” (del 2005), incentrato soprattutto sul narcotraffico e sui relativi problemi sociali, ha vinto il Premio Aries come miglior pellicola sudamericana.
“La mujer del animal” è stato selezionato per l’ultimo Festival internazionale del cinema di Toronto, conclusosi da pochi giorni.
Tra gli interpreti principali: Natalia Polo e Tito Alexandro Rodriguez.
Dopo essere fuggita dal convento in cui si trovava, Amparo (Natalia Porto), trova rifugio a casa della sorella, in una zona periferica di Medellin. Qui conosce e frequenta la famiglia del marito della sorella. Un loro parente, Libardo (Tito Alexander Rodriguez), si invaghisce di lei e la vuole a ogni costo.
La ragazza viene rapita e costretta a sposare quest’uomo violento e senza scrupoli. Diventa come reclusa nella propria casa e viene costretta anche ad avere un figlio da Libardo. L’intero quartiere capisce che quest’uomo è davvero un essere spregevole e cercherà di vigilare per quanto possibile sulla ragazza.
La domanda che sorge spontanea è: riuscirà la giovane a salvare la figlia avuta da quell’uomo violento e a sopravvivere a soprusi e infamie?
Il film nasce da una inchiesta sul problema della violenza e del maltrattamento nei confronti delle donne e si base su una storia realmente accaduta. La vicenda risale agli anni settanta e la ragazza, che in realtà si chiama Margarita ha ora 60 anni e dopo la brutale esperienza, durata circa 7 anni, trovò lavoro in una impresa di servizi generali. L’uomo ha commesso ogni genere di crimini, non solo contro le donne.
Il messaggio portato avanti da Victor è molto chiaro e concreto. Peraltro ogni suo film è stato impostato in questo modo, se si pensa al suo “Rodrigo D: no futuro” (1990), un ritratto duramente realistico sui giovani della città d’origine del regista o ancora a “La vendedora de rosas” (1998), sul problema della violenza nei confronti di una bambina.
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