La serie televisiva Baywatch è stata un prodotto commerciale di rilevanza internazionale tra il 1989 e il 2001. Più di un miliardo di persone guardavano le sue puntate ogni settimana. Fu il programma televisivo più seguito sia in prima TV che in replica. Trasmesso in 147 paesi, tradotto in 32 lingue e girato lungo i 46 km di costa nella baia di Santa Monica, sud della California, ogni episodio costava alla Pearson Television 1.2 milioni di dollari, un investimento stratosferico per l’epoca, che però non aveva assicurato rating nazionali ed internazionali congrui nel tempo. Al contrario, il declino era costante.
Quindi, tra il 1998 e il 1999, per continuare a finanziare la produzione di ogni episodio, mantenere gli stessi standard, risparmiare denaro, fornire nuovo glamour alla serie e ottenere alti livelli di audience, la produzione fu costretta a prendere delle misure protettive. La disaffezione del pubblico, in particolar modo, dimostrò il bisogno di un cambiamento. La ricollocazione del set fu la scelta più radicale in questa direzione. Una cosa era certa, bisognava trovare una location nuova. Così, nel 1999, Baywatch lasciò la California. Furono valutate le opzioni di Florida, Messico e persino il sud dell’Europa e, in effetti, si convenne che un set fuori dagli Stati Uniti sarebbe stato più appropriato, ma i produttori non erano soddisfatti di queste alternative. La scelta divenne più facile quando la ricollocazione fuori dal paese prometteva sovvenzioni offerte alle compagnie americane da parte dei paesi candidati ad ospitarli. L’Australia fu una di quei paesi, che resero tali sovvenzioni appetibili poiché avrebbero ridotto i costi di produzione. Il dado fu tratto. Australia fu.
La produzione girò due episodi ad Avalon, sobborgo costiero di Sydney. Le due puntate funsero da test sia per valutare l’adattabilità della location che per misurare il responso del pubblico americano a seguito di questa mossa. I due episodi furono un successo di pubblico, ma Hollywood non gioì di certo, dal momento che questa decisione aveva fatto perdere il lavoro a parecchie persone. Tuttavia, la produzione aveva tratto impareggiabili vantaggi. Era riuscita ad intascare 20 milioni di dollari per produrre lo show da aprile ad ottobre per 22 episodi, aveva creato 220 posti di lavoro e dato il via ad una serie di spin-off. Questa soluzione rappresentava, inoltre, un’enorme opportunità per il continente australiano. Eppure, l’esperienza funzionò fino ad un certo punto, ovvero quando gli abitanti di Avalon non tollerarono più che i loro 700 metri di costa venissero costantemente monopolizzati da Mitch Buchannon (David Hasselhoff) & Co. Fu persino organizzato l’Anti-Baywatch Action Group, che lanciò una petizione per raccogliere le firme dei detrattori della decisione di “parcheggiare” la serie nella città. La causa di maggiore rilievo e preoccupazione erano i possibili gravi danni ambientali che potevano essere arrecati a quel breve tratto di costa. L’opposizione fu talmente concreta ed efficace che la serie fu ricontestualizzata.
Inizialmente i produttori considerarono seriamente il Queensland, ma quando le Hawaii si proposero come alternativa equamente allettante, dopo una complessa serie di trattative, la proposta dello stato americano fu accettata. Concluso l’affare il 1 aprile 1999, fu così che il titolo della serie diventò Baywatch Hawaii. Ma questi ebbe vita breve. Infatti, passati due anni dall’accordo, lo show fu cancellato. Questa la parabola di uno show che ha sempre portato in seno il seme del proprio fallimento per le modalità con le quali fu prodotto. Si attendono ora i risultati dell’omonimo “remake” cinematografico di Seth Gordon per confermare o sfatare la “maledizione del bagnino.”
Jones, Marc T. 2009-06, “Non-market strategy and the ‘race to the bottom’: Lesson from the Baywatch experience”, Journal of Australian Political Economy, no. 63, Winter, pp. 32-55.
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