Due anni dopo i fatti di Age of Ultron, Thor (Chris Hemsworth) viene catturato dal demone Surtur. Quest’ultimo gli rivela una terribile profezia su Asgard, il suo pianeta natale: la sua fine è vicina, Ragnarok incombe, la distruzione della terra natia è imminente e inevitabile. Su Asgard intanto Loki (Tom Hiddlestone) si è sostituito al Re Odino (Anthony Hopkins), facendo scivolare il regno nel lassismo e nell’abbandono più totale, dedicandosi soltanto ad infinite abbuffate di fronte a rappresentazioni teatrali della morte del fratello. Il ritorno di Thor ristabilisce l’ordine sul pianeta, ma l’equilibrio è destinato a rompersi: Ela, dea della morte e sorella di Loki e Thor, vuole riprendersi ciò che gli è stato a lungo sottratto.
Già dai primi assaggi di Thor: Ragnarok si poteva immaginare che Marvel Studios avrebbe insistito nella sua personalissima versione (e visione) cinematografica del dio del tuono. Abbandonando la sacralità (e anche la serietà) del fumetto, Thor si è fatto largo nel Marvel Cinematic Universe in pieno registro comico, assimilandosi a tutti gli altri eroi delle varie fasi del colosso dei cinecomics. Ragnarok non fa eccezione, in un clima futuristico che strizza però l’occhio al passato con grafiche da anni ’80 e musiche ben più attempate. Riprendendo un tono più consono a “I Guardiani della Galassia” che alla classica ironia Marvel, Thor: Ragnarok si dimostra fin da subito sfrontato, eccessivo, sfacciato, esagerato.
Non c’è spazio per la serietà perché Thor si ritrova catapultato in un film che è una costante gag: tutti i personaggi che ruotano intorno al dio di Asgard sono funzionali a tale ironia, in primis Hulk. Benché per molto tempo si sia apprezzata la capacità degli studi di Burbank di portare una comicità semplice ma efficace, in questo capitolo del MCU sembra davvero che il giocattolo si stia rompendo. Al di là di un approccio inizialmente positivo, Thor: Ragnarok fatica enormemente nell’essere divertente perché si sforza eccessivamente di essere tale. Le risate sono spesso forzate, la comicità ben oltre l’infantile. Uno sforzo non necessario (e deleterio), considerando come le vicende dell’opera scorrano invece con una certa fluidità, indipendentemente dall’inserimento di continui sketch.
Inutile sindacare sulla figura di Thor, su cui l’impronta cinematografica è ben chiara. Piuttosto bisogna soffermarsi sulla debolezza di tale personaggio, attorno al quale sono state costruite delle vicende davvero non all’altezza di essere raccontate. Malgrado, come detto, Thor si lasci guardare senza troppe pretese, al di là di un “circense” intrattenimento e ad una stupenda ma inconcludente villain la pellicola di Taika Waititi (sceneggiatore del film Disney Oceania, campione di incassi) non sa offrire altro, accontentandosi di riproporre ingenui siparietti tra Thor e Loki ed un classico quanto banale gioco di incomprensioni continue fra Thor e Hulk.
Thor: Ragnarok – Recensione (di Marco Alocci)
5.5
voto
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