Cinico, divertente, spietato. Un film, questo The Only Living Boy in New York di Marc Webb, che è un romanzo di formazione, una mappa dell’umana specie anni 10, troppo falsamente vera e troppo inquieta per essere cosciente di quello che fa. Dei suoi alti. Dei suoi bassi. Del suo percorso che crede definito, deciso. E che invece, come un flusso infinito, si limita a cavalcare.
La trama: Thomas Webb si è appena laureato ed è alla ricerca del suo posto nella società. Il ragazzo fa amicizia con il suo vicino, un eccentrico scrittore che, in poco tempo, diventa il suo mentore. Un giorno, Thomas scopre che il padre ha una liaison con una giovane amante. Nel tentativo di separarli, Thomas instaura una relazione con lei, scatenando una catena di eventi che cambierà completamente la sua vita e le sue convinzioni.
Un Jeff Bridge magistrale ci / si regala un’interpretazione unica nel suo genere, forse tra le più delicate ed intense della sua carriera: il suo personaggio ricorda un Charles Bukowski sincero, politicamente corretto e sarcastico. Quello dipinto da Allan Loeb è, insomma, un affresco dei tempi moderni pieni di confusione sentimentale e lavorativa davvero davvero temibile. Si sorride, spesso e volentieri. Ma si riflette e si esce dal cinema con molte domande in testa e qualche risposta nel cuore.
Al Box Office Usa The Only Living Boy in New York ha incassato nelle prime 4 settimane di programmazione 609 mila dollari e 57,6 mila dollari nel primo weekend. Un plauso a Big Indie Pictures, Amazon Studios e Bona Fide Productions per aver saputo raccontare tra drama e comedy, una storia così feroce, attuale ed empatica in tempi di blockbuster, cinecomic e conmedie. Marc Webb fa centro e firma una storia delicata e vera ma anche tanto, tanto tagliente adatta a tutti.
Lascia un commento