Una bombetta, un bicchiere sempre pieno di Whiskey in una mano, un buon sigaro nell’altra, una leggera balbuzie e un carattere non proprio tranquillo. È questo il ritratto del (due volte) Primo Ministro inglese, Winston Churchill. Un personaggio complesso, con un numero incredibile di sfaccettature, un abile oratore con un amore mai nascosto per l’alcool, ma anche uno degli statisti migliori che l’Inghilterra, e l’Europa, abbia mai avuto. Tutti questi particolari fanno sì che la sua figura, nel mondo del cinema, abbia sempre avuto un certo fascino. “L’ora più buia”, diretto Joe Wright, non è certo il primo film sul politico inglese e, sicuramente, Gary Oldmann, non è il primo attore che vede nella sua interpretazione, il trampolino perfetto per il tanto ambito Oscar.
Ma veniamo alla trama: siamo nel maggio del 1940. L’esercito tedesco ha invaso il Belgio e si prepara ad entrare in Francia. Il Primo Ministro inglese Neville Chamberlain rassegna le dimissioni dopo la fallimentare politica dell’appeasement. Winston Churchill viene designato suo successore tra lo scetticismo generale del Gabinetto. Ci auguriamo di non fare spoiler, se riveliamo che quella guerra l’Inghilterra la vincerà, soprattutto, grazie a lui.
Inutile girarci intorno, questo è un film che punta a stupire il più possibile l’Academy. Le tre ore di trucco giornaliere riescono a trasformare egregiamente Gary Oldmann, autore di un eccellente interpretazione, in Winston Churchill. La balbuzie, la camminata, il leggero sigmatismo, i modi bruschi e sgarbati, sono tutti particolari che l’attore riesce a riprendere dalla figura del celebre statista. Menzione speciale per i discorsi alla radio e al Parlamento che corrispondono, parola per parola, a quelli originali. Leggendo la trama, ci aspetteremmo un film molto lento, piatto, quasi una sorta di documentario, Joe Wright, invece, riesce a trascinarci per oltre due ore, in un thriller frenetico con continui colpi di scena. Impresa non da poco considerando che si tratta, è bene ribadirlo, di un personaggio e un periodo storico ampiamente già trattati. L’aspetto che più colpisce è, però, la fotografia. Il regista gioca, letteralmente, con la macchina da presa sfruttando i carrelli per esaltare le ampiezze di un corridoio o di una via affollata; usando i droni per portarci su un aereo e guardare giù; ricorrendo, infine, a delle splendide inquadrature dall’alto, molto ricorrenti, per dare l’idea allo spettatore di essere il narratore onnisciente di questa storia. Il film si ritrova ad essere il prequel perfetto di “Dunkirk”, diretto da Nolan ed uscito quest’estate, poiché termina proprio con la riuscita dell’operazione Dynamo. Ci sono, poi, numerosi aspetti che richiamano invece “La caduta – Gli Ultimi Giorni di Hitler” diretto da Oliver Hirschbiegel nel 2004: i cunicoli stretti e tortuosi del bunker/quartier generale, la dattilografa che segue costantemente il protagonista e le riunioni blindate con gli ufficiali. Infine, la pellicola porta le firme italiane di Dario Marinelli, autore della colonna sonora, che ha già lavorato con Joe Wright e che vanta un Oscar nel suo curriculum, e Valerio Bonelli, che si è occupato del montaggio.
P.S. Il film è dedicato all’attore John Hurt, portato via da un cancro nel 2017, dopo essere stato scelto per interpretare la parte di Neville Chamberlain (lui stesso malato di cancro).
Il film vince e convince. Se ne può, infatti, apprezzare sia il lato storico, sia quello cinematografico. La narrazione viene esaltata da delle bellissime inquadrature e da una costante ricerca della suspense. La fedeltà con cui sono narrati i fatti non rallenta assolutamente il ritmo e le oltre due ore di film scorrono quindi molto velocemente.
L'ora più buia – Recensione
8.5
voto
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