Cacciatisi nei guai per motivi diversi, Spencer, Fridge, Bethany e Martha vengono messi in punizione dal preside della loro scuola, costretti a sistemare il magazzino. Lì scoprono una vecchia console con un videogioco d’avventura ancora inserito al suo interno: Jumanji. Una volta avviato il gioco ed aver scelto il proprio personaggio, i quattro ragazzi vengono risucchiati al suo interno. Le loro vite non saranno più le stesse.
Creare un seguito (esatto un seguito, non un reboot o remake) di Jumanji a 22 anni di distanza da una pietra miliare delle infanzie di migliaia di ragazzi è un’impresa sconsigliabile ai più: il paragone con l’originale è un gravame incombente su chiunque si avvicini anche solo a pensare una cosa simile. Se poi si pensa che a dirigere il tutto c’è il regista di uno dei peggiori film comici (ma anche semplicemente uno dei peggiori film) degli ultimi anni, Sex Tape – Finiti in rete, le possibilità di successo si riducono ancor di più. Eppure così come il piccolo Alan Parrish rimase stupito di fronte a quell’affascinante e misterioso gioco da tavolo nel lontano 1995, anche noi trasaliamo di fronte a quanto effettivamente paghi l’azzardo di Sony Pictures.
Jumanji – Benvenuti nella giungla ha infatti una sua propria ragione di esistere, una personalità e un’ inaspettata vitalità. Riprendendo esattamente la scena finale del suo predecessore, innova con originalità l’idea di Jumanji trasformando il tanto famoso gioco da tavolo in un appassionante videogioco d’avventura e rovesciando la struttura del predecessore: stavolta siamo noi ad entrare nella realtà di Jumanji. Spencer (Alex Wolff), nerd navigato nonché esperto di videogiochi, guida i compagni (e gli spettatori) negli aspetti più tecnici del videogame stesso. I personaggi all’interno di Jumanji si comportano secondo schemi fissi, come se fossero stati programmati in tutti i loro comportamenti, come in un gioco: starà ai protagonisti districarsi in questo percorso stabilito superando i vari livelli proposti.
L’ottima trovata narrativa di Jumanji sta nel calare i protagonisti dentro gli avatar dei loro personaggi, ognuno con le proprie forze e debolezze: inutile dire che praticamente ogni avatar rappresenta l’opposto della personalità di chi gioca con esso. Spencer, da ragazzo esile e impacciato, si ritrova nel possente corpo di Dwayne Johnson e veste i panni del Dottor Bravestone; la timida e studiosa Martha nelle forme di Karen Gillan, novella Lara Croft nota ai più come Ruby Roundhouse; Bethany, la diva della scuola, finisce nei panni di Jack Black, cartografo un po’ “appesantito”; Fridge, alto e possente, è costretto nel corpo extra-small di Kevin Hart. L’ondata comica che ne deriva è sfruttata in modo intelligente, fornendo un’ironia che ben si associa a Jack Black e Kevin Hart senza abbandonarsi mai nell’eccessiva stupidità. Ben sfruttate anche le caratteristiche di The Rock e Karen Gillan, il cui aspetto stride incredibilmente con le personalità e l’attitudine dei protagonisti.
L’avventura è piuttosto lineare e si snoda lungo tre livelli adeguatamente raccontati. Il ritmo è sostenuto e il film evita come può ogni momento morto, intervallando le peripezie dei protagonisti con gag di qualità. Il cast è azzeccato in ogni dettaglio e tale convinzione si fa largo con il proseguire della storia. Jumanji sa colpire con una semplicità di fondo, dimostrando di non voler cercare assolutamente l’emulazione o il sorpasso sul predecessore, ma soltanto di innovarne le meccaniche proponendo un’avventura di consumo per affezionati e non.
Jumanji – Benvenuti nella giungla è un’intelligente rivisitazione moderna di un classico senza tempo. Fresco e senza pretese se non quella di divertire, riesce appieno nel suo compito con personalità, senza dimenticare anche qualche cenno al passato, capace di risvegliare ricordi senza per questo limitarsi ad essere un mero revival, ma mostrando ciò che Jumanji e Robin Williams ci avevano soltanto lasciato immaginare.
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