Il cinema, ancora questa cosa.
Il cinema nasce come documentaristico, principalmente, e non ha ambizioni commerciali. In fondo è solo un marchingegno meccanico, stupefacente alle origini. E quindi all’inizio è improvvisato e naïf, sperimentale, un gioco, forse un’arte. Poi arriva Méliès e il cinema diventa un racconto di storie fantastiche. Méliès non ne snatura affatto l’arte, infatti, usa e inventa numerosi trucchi illusori. Ma successivamente il commercio, i soldi, e i soldi corrompono. Il cinema diventa, soprattutto per chi non sa leggere, il nuovo romanzo popolare e quindi ora il cinema è a soggetto.
Nasce in Bianco e Nero il cinema, pochi sanno che era possibile usare il colore già nel 1902 e più o meno anche sincronizzare l’audio. Ma il cinema non ne aveva bisogno. In fondo il muto permetteva commenti ad alta voce in sala, una certa partecipazione alla vicenda, una critica… Ma il cinema affronta subito una crisi, ed è necessario inventarsi subito qualcosa. Per cui prima arriva il sonoro, poi il colore e successivamente il cinemascope. E poi anche sale più grandi e comode, audio a seimila canali e oltre e ulteriori implementazioni sensoriali. Tutto questo ha sempre rappresentato più che una giusta sperimentazione del mezzo tecnico, un nuovo effetto speciale da vendere al pubblico.

Effetti speciali in “Avatar”, di James Cameron
Il cinema ci mette le parole e le tinte, e quindi si fa sempre meno fatica per inventare una macchina narrativa ed espressiva in quanto tutto si può colmare con il caleidoscopio degli effetti. Poi ogni tanto, ma solo ogni tanto, ci si accorge che l’origine di questa forma d’arte non è mai stata dimentica, mai stata messa da parte. Come a dire che sì, oggi potrai anche disegnare con l’ipad e sull’ipad, ma qualcuno usa ancora il pennello come ottocento anni fa. Il secolo breve ha troppo spesso e più volte bruciato il cinema, ma il cinema è sempre risorto dalle sue ceneri e, come una banale araba fenice, si ripropone.

Un’immagine di “Roma”, di Alfonso Cuaròn
Il bianco e nero ne è la prova. Non credo che si giri oggi in b/n perché è vintage, perché siamo nostalgici, perché ricorda qualcosa, perché “era meglio una volta”. No. Credo invece che una strisciante ma presente coscienza continui in qualche modo a ricordarci i primordi, non del cinema ma dell’uomo. Un pensiero latente e costante ci mette di fronte a un aspetto dell’essere umano che nonostante gli sforzi di molti per sopirlo, e nonostante qualcuno ci sia riuscendo, continua a resistere e sopravvivere. La creatività.

Una scena di “La Haine- L’Odio” (1995), di Mathieu Kassovitz
Tutto ciò che non vediamo che non sentiamo, lo immaginiamo. Così un treno per un bambino diventa un’astronave, una scopa invece il cavallo di Zorro, la vasca da bagno il Mediterraneo e il giardino il vecchio West. Nei film muti e in bianco e nero, c’era lo spunto, il resto era nella mente dello spettatore, il suono degli oggetti, la voce, i colori degli abiti. E il cinema diventava un ricordo indelebile. Oggi pochi conoscono i nomi degli attori, dei registi, ricordano a stento i titoli dei film, nonostante si vada al cinema solo una volta a settimana, mentre si calcola che negli anni ’20 le persone vedessero centinaia di film all’anno.
Chi, malgrado tutto, non fa cinema di intrattenimento ma tenta con difficoltà di esprimersi deve scegliere cosa fare per evitare il paragone con il nuovo film super 3D super stereo e proiettato in 4k. Deve far accettare un piccolo cinema che ha ancora la sedia di legno. Deve fare qualcosa. Allora, si prova, si tenta, a stimolare non gli occhi, non le orecchie, non il naso, non la pelle ma la coscienza, il ricordo , l’immaginazione, il futuro. Concentratevi, ricordate qualcosa della vostra infanzia, vi accorgerete che è tutto in bianco e nero, che i colori se ci sono sono pochi sfumati e più che i colori ricordiamo le forme e le idee, le sensazioni. Immaginate il futuro. Non esiste, non lo conoscete, è un bianco e nero da cui ancora devono venire fuori le sagome, da cui devono emergere le cose, come saranno, come vorremmo che fossero. il colore è solo una riflessione della luce, il nero e il bianco a turno, invece, ci fanno toccare le idee. Ecco perché c’è chi fa cinema ancora in bianco e nero, perché c’è differenza tra chi vuole prendere una cosa subito e chi invece la vuole lasciare.
Per finire, il trailer in lingua originale di “L’Uomo che non c’era”, lo splendido film dei fratelli Cohen del 2001:
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