Nell’anno in cui si celebrano i 700 anni della morte di Dante Alighieri e nel mese in cui ricorre il Dantedì, che dal 2019 celebra ogni 25 Marzo l’inizio del viaggio dantesco, Rai Cultura propone una serata all’insegna di Dante Alighieri, in onda oggi dalle 21.15 su Rai5. La serata si apre con un gioiello dall’archivio Rai di Napoli: sette degli otto canti della Divina Commedia di Dante Alighieri recitati nel 1981, nel primo anniversario della strage di Bologna nella città emiliana, dalla sommità della Torre degli Asinelli, reinterpretati da Carmelo Bene nel 1997. Questo straordinario documento, accompagnato dalla lettura dei commenti all’evento del genio di Campi Salentina da parte della figlia Salomè, è stato raccolto dal regista Felice Cappa nel docu-film Carmelo Bene in Divini canti, lectura Dantis e altri incantamenti. Durante la registrazione dei Canti orfici a Napoli, Bene decise di immortalare in video le letture che costituirono il suo tributo ai feriti della strage di Bologna, performance della quale non esistono registrazioni ufficiali.
Insieme alla registrazione, avvenuta negli studi Rai di Napoli nel 1997 e finora inedita, della sua lettura della Divina Commedia, Carmelo Bene parla dell’esperienza vissuta nel 1981 con la Lectura Dantis dalla Torre degli Asinelli in occasione della prima commemorazione della strage alla stazione di Bologna. Una lettura da lui dedicata non tanto alle vittime quanto ai parenti delle vittime e dei feriti. Salomé Bene legge brani scritti da suo padre.
La Lectura Dantis del 1981 fu un evento storico memorabile e, in più, quasi da guinness dei primati, laddove non si era mai verificato che una lettura in pubblico di questo tipo avesse un numero così alto di ascoltatori, paragonabile solo a quello delle più grandi manifestazioni rock. Carmelo Bene ne rievoca, in un italiano alquanto arcaico, l’esperienza in un capitolo appositamente dedicato del libro Sono apparso alla Madonna.
“La Madonna m’appariva beata, poi che devotamente io dicevo, rivolto a lei. Io le parlavo, ma non ero quel dire. La vedevo. Evocato, il miraggio sussisteva, finché di nuovo io immemore, seguitava il mio stesso discorso a dire, e la visione dileguar dentro il discorso, da che la mia preghiera l’aveva – ora intendo – estromessa. V’era (v’è) dunque, un apparir della voce che sempre si verifica se conferisci con, se parli a. Quand’io incominciai a render vano l’udire mi diceva la voce, il mio interno cantar l’ascolto, e, ventilata da un’ala d’emicrania, la mia mente d’altrove profondava nel sud del Sud dei santi; ma depensata lieve mongolfiera in celeste balia sull’infinito del mare stanco“.
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