Passaggio del testimone da Tommy Lee Wallace, ad un Muschietti rispettoso che, con estrema cura e fedeltà, ricama un sequel degno del nome di IT due.
L’horror movie, targato anno 2019, mantiene inalterata la brillantezza e l’originalità del suo predecessore nel 1990, cosa non facile per un secondo capitolo, in particolar maniera per una pellicola così elaborata come quella di Wallace. Anche la scelta dello svedese Bill Skarsgard per vestire i panni del macabro clown di King risulta di una geniale e sagace ironia: la delicatezza del volto lineare e i colori tenui dell’incarnato del giovane attore, risultano in tal contrasto con la maschera accesa di vermiglia violenza del suo personaggio, sebbene anche Tim Curry, negli anni ’90, abbia subito una trasformazione importante, rispetto alle sue reali fattezze.
Andy Muschietti lavora non lasciando niente al caso, travestendosi da diabolico “ acchiappaemozioni”, che con la sua macchina ruba il turbamento non solo dal volto degli interpreti ma anche dalla mente dell’uditorio testimone, interagendo con esso e la sua inquietudine.
Si può avvertire, nelle ambientazioni esterne, l’odore ferroso delle strade bagnate di Derry, nel Maine, che permea l’olfatto di disturbante malessere, anticipando il demoniaco epilogo che il cultore attende con trepidazione malcelata.
Tutto nelle scene risulta di una calma sconvolgente: dialoghi, azioni, persino il cadere della pioggia, diventano presagi di oscuri avvenimenti, in una fotografia dal lento dinamismo, immortalante il sadico giullare che abusa dell’inconsapevolezza infantile, ancora radicata alle profonde angosce dei ricordi, nell’età ormai adulta, in quel gioco crudele che mira ad appropriarsi delle reminescenze oscure e dell’anima di ognuno, prendendosi gioco dei sentimenti più delicati per spingerli verso la dannazione e il buio.
Lo sguardo di ipnotica voglia di morte del clown scava nella pancia dello spettatore, intrappolandolo ai suoi più criptici e inconsci ricordi, che lo fanno sentire protagonista nel circo dell’incubo, in un susseguirsi di oscuri labirinti che conducono alla via del non ritorno, in un vortice claustrofobico che rende la pellicola degna dell’attenzione del Maestro Stephen King.
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