Nel 1978 Alexander Salkind e suo figlio cercarono di sfidare il mercato cinematografico mondiale portando sul grande schermo la cosmogonia del supereroe più amato sulla terra: Superman. Con al timone di comando il regista Richard Donner (Omen, i Goonies ed Arma letale) ed un cast artistico di grande rilievo (e budget) composto da Gene Hackman e Marlon Brando, gli spettatori di tutto il mondo erano pronti a credere che “un uomo poteva riuscire a volare” (slogan 1978).
Ma il cerchio di quell’incredibile successo deve la sua chiusura a l’allora sconosciuto Christopher Reeve che diede non solo il volto all’eroe (basti pensare che all’epoca tra i nomi in auge c’era quello di Robert Redford) , ma anche il giusto dosaggio emotivo ed una incredibile regalità.
A quasi 40 anni da quella piccola perla, eccoci arrivati al cambio generazionale con al comando di questo transatlantico da 200 milioni di dollari, il fortunato regista Zack Snyder che in collaborazione con Christopher Nolan, qui in veste di co-produttore e consulente, e lo sceneggiatore David Goyer, trasporta il papà di tutti gli eroi in un contesto odierno e reale.
Cornice di questo blockbuster da capogiro, un cast stellare degno di nota (Kevin Kostner, Russell Crowe, Michael Shannon, Diane Lane, Amy Adams) che riesce ad adattare allo schermo ogni singolo personaggio collaterale nel mondo di Superman.
Ma cosa si cela dietro l’incredibile produzione durata quasi 3 anni? Cosa offre questo film di diverso dal suo padrino di battesimo degli anni 70?
Domande che non trovano una giusta risposta dietro ad una suppellettile fatta di effetti speciali di ultima generazione, sequenze senza respiro ed un uso e abuso di un effetto lens flare di questi tempi alquanto stucchevole ed in questo caso raramente appropriato.
Tecnicamente al di sopra di qualsiasi altro cinecomic (basti scorgere l’innumerevole elenco di nomi dei responsabili agli effetti visivi nei titoli di coda), la presa visiva abbraccia tutte le alte aspettative dello spettatore lasciando quasi esterrefatti durante la lunga proiezione.
Tutto è giostrato con grande maestria da un direttore pignolo ed appassionato del risultato finale di immagine (fatta esclusione per Sucker Punch in autoproduzione che non rientra negli schemi di 300 e Watchmen) che presenta ad ogni singolo quadro nella scena, una meticolosità all’avanguardia.
Ed ecco la prima grande falla di questo super viaggio. La distrazione.
Perchè mentre si rimane affascinati colpo su colpo dalla maestosità visuale di questo prodotto (che in questo contesto non chiameremo mai opera), si tralasciano concetti e sensazioni che hanno reso Superman il personaggio più amato di sempre.
Una regia serrata unita ad un montaggio adrenalinico timorosa di poter annoiare, devasta anche le scene di rilievo emotivo più importanti.
Un film che vive tutti i suoi 143 minuti di messa in scena in apnea, senza dare il giusto margine ai momenti drammatici e di caratterizzazione dei personaggi, salvati troppo spesso in calcio d’angolo dalla maestria di un attore capace quale Kevin Kostner.
Il tema di Hans Zimmer, come l’incepit del film, coinvolge, ma l’estenuante ripetersi in ogni contesto porta in saturazione la sua gradevolezza e appesantisce le corde di questo film che cerca di spiccare il volo.
Tralasciando al mondo dei fan affezionati e ai nerd più accaniti della serie tutte l’inesattezze senza valida giustificazione, il film si presenta con un’aspettativa esageratamente elevata, ma non mostra affatto il suo cuore. Una storia fatta di scelte, a detta degli stessi autori, più credibili rispetto all’originale, ma che di credibile non se ne sente nemmeno l’eco lontano, anzi, che troppo spesso si spalma sul sorriso amaramente allargato e cinico di chi trova palesemente esagerate ed inutili certe scelte.
Basti pensare al finale in cui collassano 75 anni di storia del personaggio, forse l’unica ancora che non doveva essere levata o cinematograficamente adattata.
Superman, l’uomo dal pugno di acciaio, in questo nuovo contesto non si capacita della devastazione di uno scontro con i propri simili (cosa invece acutamente fatta in Superman II) e che l’insormontabile deflagrazione di una metropoli densa di vita fatta di persone reali ed inerti possa portare a delle stragi di proporzioni bibliche, cosa che in THE AVENGERS almeno trovava spazio in alcune sequenze finali.
Edifici vuoti, isteria di massa completamente assente all’arrivo di una presenza ostile aliena e nuclei familiari inermi che invece di trovare riparo in un bunker o lontano dalle minacce, se ne stanno tranquilli in stazione, mentre l’eco degli scontri apocalittici è a meno di qualche chilometro di distanza.
Azione, musica ed effetti.
Un’adattamento cinematografico saccente che presume di saper cambiare le carte in tavola senza esserne in grado. Si riconosce come ad ogni singola buona intuizione si celi la penna dello scrittore David Goyer, mentre ogni fuori riga forzato sia da attribuire al “consulente” Christopher Nolan; basti tornare indietro all’ultimo capitolo del cavaliere oscuro per notare le stesse voragini di sceneggiatura, non presenti tra l’altro nei primi due capitoli quando la percentuale maggiore di stesura dello script era lasciata in mano allo stesso Goyer ( Batman Begins ed Il cavaliere oscuro).
Un film cosi “reale” da far rendere più credibile il lavoro di Roland Emmerich in Indipendence Day.
Le prese in giro di Nolan al masterpiece degli anni 70 e al bisogno di cambiamento faranno di certo presa al botteghino con uno specchietto per le allodole dall’alto budget, ma di fatto, senza il cuore del suo predecessore resterà per sempre il numero due sul podio.
Scheda film
Titolo: L’Uomo d’Acciaio (Man of Steel)
Regia: Zack Snyder
Cast: Henry Cavill, Amy Adams, Kevin Costner, Diane Lane, Russell Crowe
Genere: Azione, Fantascienza
Durata: 143’
Produzione: Warner Bros. Pictures, Legendary Pictures, DC Entertainment, Cruel & Unusual Films, Syncopy, Atlas Entertainment
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Nazione: USA, Canada, Regno Unito
Uscita: 20/06/2013.
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