Tomb Raider. Azione. Mistero. Adrenalina. Vorremmo poter dire questo perché le aspettative – soprattutto visto il coinvolgimento di due colossi produttivi come Warner Bros. e Metro Golden Mayer – ma purtroppo siamo lontani anni luce e l’amaro in bocca per via dell’occasione sprecata diviene fiele con il triste siparietto finale che precede i “pirotecnici” titoli di coda. Si parte da una trama spenta, senza luce, che ci porta per mano in un valzer della prevedibilità tra battute – poche! – ovvie e situazioni sui generis per voler esser buoni.
La trama? La 21enne Lara Croft (Alicia Vikander), fiera ed indipendente figlia di un eccentrico avventuriero, non ha grilli archeologici per la testa, non filtra gli eventi con intuito e sarcasmo, e tra una lezione e l’altra all’università, non sa ancora cosa fare del proprio futuro. Con le consegne in bicicletta, in giro per le caotiche strade di Londra, a malapena riesce a pagare l’affitto dell’appartamento che condivide con l’amica Sophie (Hannah John-Kamen). I modi incerti ed empatici della giovane Lara, estranei al personaggio più maturo, rimandano a una base di inesperienza e problemi irrisolti. Uno fra tutti: la scomparsa di suo padre, eccentrico archeologo partito in missione alcuni anni prima e mai più ritornato. Nonostante il consiglio di affrontare gli avvenimenti andare avanti dopo sette anni senza di lui, Lara, spinta dalla convinzione che il genitore sia ancora vivo, si imbarcherà in un lungo viaggio per mare, che la porterà sulle coste di un’isola misteriosa al largo del Giappone alla ricerca di una tomba leggendaria, ultima destinazione nota di suo padre prima dela sua misteriosa scomparsa. Scortata dal capitano della nave Lu Ren (Daniel Wu), Lara si addentrerà tra i miti e le leggende che popolano il sinistro villaggio…
Ci si aspettava un prodotto decisamente diverso ma questo Tomb Raider 2.0 è una candela che brucia male e rapidamente tra aerei che si schiantano su un’isola senza alcun teschio all’interno… si prosegue con un paracadute millenario che si apre nonostante il tempo trascorso. Altri piccoli gravi particolari? Tanti. Troppi. Vi risparmio spoiler nonostante tutto ma la verità è che questo film sembra essere stato realizzato senza troppa cura, velocemente e senza grandi pretese. La sceneggiatura – affidata a Geneva Robertson Dworet e ad Alastair Siddons – non tiene nemmeno i primi dieci minuti: tantissime, come detto, le inesattezze e le imprecisioni imperdonabili in un prodotto amatoriale, figuriamoci da un lungometraggio targato Warner e Metro Golden Mayer! Volevamo solo una Lara più incisiva, più sarcastica, più carica, più… donna e meno principessa: è forse chiedere troppo? Regia Roar Uthaug NC (Non Classificata). Per i fan del genere (e di Lara). Che resteranno profondamente delusi – salvo per un paio di scene.
Tomb Raider – Recensione (di Stefano Labbia)
5
voto
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