Il premio Oscar 2020 alla Migliore Sceneggiatura Non Originale è andato al regista neozelandese Taika Waititi per Jojo Rabbit, il quale al momento di ritirare la statuetta ha dichiarato di dedicare il premio: “a tutti i bambini indigeni nel mondo che vogliono raccontare storie. Siamo tutti narratori e possiamo arrivare fin qui”.
Si può dire che in questa frase risieda l’essenza della poetica del regista, che in ogni suo lavoro usa lo sguardo innocente e pulito dell’infanzia, proprio a sottolineare, a contrasto, le storture e le contraddizioni del mondo che descrive. Comico, attore e sceneggiatore di grande talento, già aveva sfiorato l’Oscar con la Candidatura al Miglior cortometraggio per Two Cars, One Night nel 2005. Waititi è noto al grande pubblico principalmente per la regia di Thor: Ragnarok, ma per quanto debba molto ai supereroi, da lui stesso definiti “la nostra nuova mitologia”, non è attraverso le rigide regole dell’universo Marvel che il regista può esprimere al meglio le sue potenzialità, che consistono anche nell’essere un abile narratore di storie.

“JoJo Rabbit”
La sua biografia è molto importante per comprenderne alcune delle sue tematiche e ossessioni. Jojo Rabbit, da lui scritto, diretto e interpretato, racconta la storia dell’ultima guerra mondiale dal punto di vista di un bambino, un piccolo nazista cresciuto nel culto di Adolf Hitler, che è anche il suo migliore amico immaginario, interpretato dallo stesso Waititi.
Perché un neozelandese di origini maori decide di narrare con tanto calore le atrocità del nazismo e delle discriminazioni razziali?
Cresciuto nell’area di Raukokore, nell’Isola del Nord, suo padre è un māori della tribù Te Whānau-ā-Apanui e sua madre è di discendenza ebraica-russa. Waititi ha infatti adoperato il cognome di sua madre, Cohen, in alcuni suoi lavori. Usando un registro comico che si potrebbe accostare a quello di Mel Brooks, particolarmente velenoso e irresistibile quando si è trattato di ridicolizzare una certa germanità nazionalsocialista, Waititi spesso non lesina frecciate e riferimenti a quel periodo storico.
Jojo Rabbit è una ricerca delle origini e della banalità del male nella sua essenza, ripulita e denudata dallo sguardo innocente di un ragazzino dall’animo buono.

“Vita da Vampiro”
L’indagine del male è anche il tema di un suo film scanzonato, originale e brillante del 2014, Vita Da Vampiro (What We Do in The Shadows), oggetto di un precedente corto e di successivi adattamenti televisivi. In esso si ritrova molto di quello che sarà poi approfondito e sviluppato in Jojo Rabbit. La vita di alcuni vampiri, che convivono in un appartamento, è descritta in modo semplice e quasi infantile attraverso le difficoltà organizzative della convivenza (lavare i piatti a turno, rispettare le regole generali della casa, ecc…), senza minimamente intaccare però la potenza orrorifica e il carico di malvagità che emerge dalla condotta di vita, o meglio…di morte, di ognuno di loro. Si tratta di una commedia travestita da film dell’orrore o di un horror presentato come una commedia, il che è esattamente quello che accade in Jojo Rabbit, che in modo comico e con sguardo infantile, ci addentra all’orrore del nazismo, la cui crudeltà però non è certo edulcorata o sminuita. Curioso è che persino in Vita da Vampiro, Waititi, che interpreta un non-morto ben educato e dalle velleità romantiche, si ritrovi a parlare in fluente tedesco e a citare i crimini del nazismo.

una scena tratta da “Boy”
Anche in Boy (2010), come avverrà in Jojo Rabbit, il protagonista è un bambino, un undicenne orfano di madre, che vive in un piccolo paese con la nonna, il fratellino Rocky e i cuginetti. Nel successivo Selvaggi in Fuga (2016), commedia avventurosa del 2016, si narrano nuovamente le vicende di un ragazzino di città, Ricky, che viene dato in affido a una famiglia di campagna della Nuova Zelanda. In seguito ad avvenimenti drammatici, il bimbo e lo zio saranno costretti a fuggire nei boschi, andando incontro a diverse disavventure.
Taika Waititi ha appena vinto un Oscar, ma la capacità di scrittura, la consapevolezza dei temi trattati e la dote di saper andare dritto al cuore dello spettatore, in modo mai banale e scontato, lo rende il candidato ideale a una carriera costellata di successi e riconoscimenti. Intanto in uscita ci sono: Thor: Love and Thunder, Free Guy – Eroe per gioco e Suicide Squad 2.
A noi basta sapere che ci sarà raccontata un’altra bellissima storia, che sarà paurosa, avventurosa e magnifica.
L’immenso Charlie Chaplin insegna che il modo migliore per smascherare la follia del male, esattamente come le difficili contraddizioni della vita, è proprio il sorriso, lo sguardo innocente di un bambino, oppure quello di un poeta.

“Selvaggi in Fuga”
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