Il suo non è un cinema per pochi, al contrario, è un cinema che può – potenzialmente – raggiungere tutti, attraverso storie coinvolgenti ed avvincenti, che sono commedie ma anche qualcosa d’altro, mescolano generi e soprattutto non percorrono mai sentieri battuti in precedenza.
Fulvio Risuleo, classe 1991, è un regista che si rivolge soprattutto a persone giovani e curiose che non amano la noia del già visto, del codificato, della copia conforme. Esplora punti di vista narrativi sempre diversi, per confondere, stupire e poi affondare. Con che cosa? Con una nuova consapevolezza.
Premiato giovanissimo a Cannes con il cortometraggio Varicella – due genitori discutono se è meglio che il figlio si ammali o meno – e fattosi notare ancora prima con Lievito madre, l’autore romano esordisce con Il Caso Ziqqurat, serie web interattiva. Non si era mai visto nulla di simile prima in Italia: al centro della storia – un elefante rosa propone inquietanti enigmi da risolvere ai bambini – lo spettatore partecipa attivamente, addirittura potendo decidere di entrare nella testa di uno dei personaggi ed ascoltare i suoi pensieri.
Come in Guarda in Alto (2018), il suo esordio nel lungometraggio, ambientato sui meravigliosi ed inesplorati tetti di Roma alla ricerca di un gabbiano che non è ciò che sembra, anche nel successivo divertente ed imprevedibile Il Colpo del cane (2019) troviamo una capitale diversa dalle solite immagini di repertorio.
Inside The Show ha fatto una chiacchierata con il regista romano.
C’è spesso Roma nei tuoi film, ma non è mai quella che uno si aspetta di trovare. Nel tuo cinema spesso l’effetto nasce dai contrasti …
Io sono nato e cresciuto a Roma, in periferia, anche se in generale mi sono sempre spostato molto e conosco bene molti quartieri. I miei primi due film sono ambientati e girati a Roma e la fase della ricerca delle location è una delle più stimolanti per me. Cerco sempre posti che possano avere una forte caratterizzazione visiva e che mi suggeriscano idee per migliorare la sceneggiatura. La sfida è cercare di raccontare sempre qualcosa di più con un luogo.
Il mondo in cui viviamo, per essere visto davvero e generare riflessioni, è necessario che sia guardato da punti di vista diversi dall’usuale. Tu riesci a dare questo sguardo attraverso cose in apparenza molto semplici.
La mia più grande ambizione è raccontare cose complesse e difficili da spiegare con scene semplici. Non sempre ci riesco perché la strada della complicazione è sempre la più facile ma in generale aspiro alla sintesi. Quando vedo un film per me la cosa più importante è riflettere (durante o dopo la visione) in generale mi interessa di più un film che mi fa fare dei pensieri, anche piccoli, anche strani, rispetto a un semplice film ben fatto dove “tutto torna” che magari è costruito su strutture pre confezionate.
In molti tuoi film ai protagonisti umani si affiancano anche quelli animali, il cui sguardo non è meno importante.
Sì, non so perché ultimamente mi vengono un sacco di idee in cui gli animali sono importanti.
Sia nel fumetto che nei film. Forse perché non sono stato uno di quei bambini fissati con gli animali, allora adesso che sono grande devo recuperare. Il pappagallo, per esempio, dice molto di noi umani. Ogni volta che ne vediamo uno in città sappiamo che è un pappagallo che ce l’ha fatta, che è riuscito a fuggire e che ora è libero. Lui ha le ali e noi no (nemmeno i cani e i gatti, anche se mi piace immaginarmi un gatto con le ali); il pappagallo per questo e per altri motivi è un animale fortunato.
Mi ha colpito molto la scelta felice degli attori. Nei tuoi lavori molto si deve alle loro interpretazioni fresche, spontanee, naturali, mai sopra le righe. Con che criterio li scegli e come li dirigi?
Spesso mi faccio aiutare dalla casting Chiara Polizzi. Scegliamo gli attori sulla base della loro capacità di improvvisare, di risultare credibili in ogni situazione e di capire un personaggio. Con Edoardo Pesce si è creata un’intesa professionale molto profonda.
Difficile trovare produttori per film che raccontano storie così originali?
No, non lo è. Difficile è trovare i soldi per farli, ma per adesso in un modo o nell’altro ci sto riuscendo. Con la Revok sono praticamente cresciuto, è una produzione che mi segue fin da prima che facessi la scuola di cinema. Per trovare i soldi, come in tutti i mestieri che comportano grandi budget, ci vuole la creatività e la capacità di ispirare fiducia.
Tratti di argomenti piccoli (la varicella, ad esempio o le vicende di un cane) e altrettanto semplici sono, in apparenza le tue ambientazioni. Però poi riesci a creare mondi e universi che sembrano quasi un altro mondo. Come ci riesci?
Forse con il suono, o in generale con le idee subliminali. In cima c’è la varicella, ma sotto di essa molte altre idee sotterranee. In quel caso volevamo raccontare il terrore di ammalarsi di varicella, come se fosse un film horror ma mantenendo un registro realistico. A volte si tratta del tono giusto che uno sceglie, ma spesso lo si scopre facendolo… (dalla sceneggiatura Varicella sembrava un film più “leggero”) io non sono un che pensa un film troppo in teoria prima, una volta finito sì, ma prima seguo una sorta di flusso, di ispirazione che cerco di inserire nella lavorazione.
Quanto è importante la sceneggiatura?
Direi moltissimo. In genere scrivo da solo, o quasi. A volte è una fase davvero faticosa perché potenzialmente tutto è possibile e bisogna fare scelte enormi. Man mano che si va avanti nella lavorazione di un film le scelte diventano sempre più piccole fino a che non scegli il font dei titoli di coda. Una volta che hai scelto il font dei titoli di coda vuol dire che sei alla fine e a breve ti potrai riposare.
Fulvio, posso chiederti a quale sarà il tuo prossimo progetto?
Puoi. Si tratta di un film che sto scrivendo in questo momento. Per ora si intitola LA MAGA. Non è un film fantasy, neanche horror. Non dovrebbe essere troppo drammatico ma assolutamente non una commedia, al massimo comico, comico sarebbe bello. Comico-drammatico con qualcosa di surreale, ma giusto qualcosa. Insomma sul genere sono ancora confuso ma quello che è sicuro è che la protagonista avrà quattordici anni e mezzo.
Grazie Fulvio!
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