Pablo Larrain cambia registro con Ema, film enigmatico e stordente, racconto visionario dove una coppia – lei molto più giovane di lui – arriva a corrompere pur di avere un bambino in adozione, per poi restituirlo quando i problemi si affacciano e tutto il mondo attorno comincia a detestarli, a mostrare quell’odio bruciante che permea una vicenda attraversata da molte direzioni. Il racconto, frammentato e magmatico, avanza con cadenze ipnotiche, offrendo la sensazione di trovarci dinanzi a un film-svolta, ambizioso e rischioso.
Il corpo di Marianna di Girolamo, presenza erotica dominata dalla febbre del reggeton, si porta addosso i singulti di una liberazione estetico-emotiva che esplode nelle pose di un ballo modernissimo, impronta nervosa del rapporto istituito dalla ragazza con il mondo. Ema danza e divora gli altri vivendo come una vampira; brucia le segnaletiche stradali come una supereroina oltranzista, paladina di in una confusione affettiva scalpitante, a sua volta imprinting di una comunicazione in cui trova spazio soprattutto una sensorialità che in Larrain è tramite per cogliere lo smalto e l’irruenza della generazione dei millennial. Al confronto con l’impeto anarcoide di Ema, il percorso musicale del coreografo che l’affianca pare come addomesticato, espressione di un legaccio borghese intollerabile.
Il ballo artistico e sessuale di Ema è espressione di un potere sessuale dove l’energia erotica diviene motore ma anche percorso forzato, tensione eversiva e trappola fatale. Il sesso al posto della violenza e l’unione delle amiche con Ema attraverso la formazione di una banda, abitano le notti di un Cile frastornato e trasformato rispetto alle celebri rappresentazioni di Larrain, da Tony Manero a Post Mortem, incentrate sulla dittatura di Pinochet. Ema, figlia solo in apparenza lontana di quei tempi, percorre la città dominandola con la sua figura incendiaria, brucia i semafori e le panchine, per fare tabula rasa del presente e imporre una sua personale realtà. Lo spettatore è sedotto e disarmato da questo movimento in cui la carica elettrica della sua protagonista richiama la forza di quella libertà degli istinti e delle passioni poi in qualche modo incanalate in un finale che, ancora una volta in Larrain, segna una gabbia per il personaggio liberando la prospettiva multipla di una famiglia nuova, monoparentale o dell’amore collettivo.
La carica libertaria sembra bruciare la stessa protagonista, e in un Cile apparentemente differente, gentrificato, lo slancio di Ema pare destinato a spegnersi dietro la sua forza incendiaria. Larrain ci ha abituati alla rappresentazione di un potere tentacolare, che stringe l’individuo in pose mortifere, decretando ossessioni alienanti. Ema, personaggio della confusione, vibra della vitalità della sua costante illogicità, della sua spasmodica confusione che diviene monito a rompere gli schemi, a vivere divorando il presente senza punti di riferimento nemmeno più tanto voluti. Larrain, nei riflessi di una scrittura in cui la sessualità è un segno forte, registra ancora una volta la mancanza di empatia tra i suoi personaggi, dedicandosi alle nuove generazione con sguardo curioso e visionario, restituendo la percezione ebbra di un mondo di figli alienanti, poligami, pronti a bruciare ogni cosa e forse disposti a una nuova rivoluzione ma ancora una volta prigionieri di modelli e trappole di cui non si è davvero consapevoli.
Data di uscita: 02 settembre 2020
Genere: Drammatico, Musicale
Anno: 2019
Regia: Pablo Larraín
Attori: Mariana Di Girolamo, Gael Garcia Bernal, Santiago Cabrera, Giannina Fruttero, Catalina Saavedra, Mariana Loyola
Paese: Cile
Durata: 107 min
Distribuzione: Movies Inspired
Sceneggiatura: Guillermo Calderón, Alejandro Moreno
Fotografia: Sergio Armstrong
Montaggio: Sebastián Sepúlveda
Musiche: Nicolas Jaar
Produzione: Fabula
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