In corsa per il premio Oscar e vincitore ai Bafta, il documentario girato nelle fredde acque del Sudafrica da Craig Foster e diretto dalla giovane regista Pippa Ehrlich insieme a James Reed, racconta una storia incredibile e commovente. In realtà non è tanto la vicenda in sé, la vita di un polpo comune, in questo caso femmina, ripresa ogni giorno per un anno intero con dedizione, quanto il punto di vista dell’umano che la osserva, ad essere innovativo. Uno sguardo non predatorio, non padroneggiante, ma curioso e rispettoso, paziente al punto tale da riuscire a guadagnarsi la fiducia del piccolo octopode. Non più fughe e inseguimenti dunque, ma desiderio di conoscenza reciproca da parte di due creature che abitano lo stesso pianeta, in condizioni talmente diverse da sembrare provenienti da due diverse galassie, eppure, una volta conosciuti e creato un legame, incredibilmente simili nel desiderio di vita e nel destino.
Craig Foster è un cinquantenne che attraversa una fase difficile della vita, annoiato dal lavoro, indifferente al prossimo, in difficoltà coi legami familiari rappresentati dalla moglie e dal figlio, decide di ritornare agli ambienti – meravigliosi – della sua infanzia, le immersioni nelle profondità marine. Incurante del freddo e dei pericoli, senza muta e da solo, si inoltra in quelle acque, anche di notte, alla ricerca di un desiderio di vivere ormai smarrito.
E’ lì che per caso si imbatte in un piccolo polpo femmina, inizialmente ricoperto di conchiglie per nascondersi dai predatori. Il polpo è un animale incredibile, unico nel suo genere. Possiede l’intelligenza di un cane, un gatto o un piccolo primate, inoltre è in grado di modificare il suo aspetto, cambiando non solo colore, ma anche la consistenza della pelle. Quando è tranquillo, passeggia su due zampe sul fondo marino, proprio come faremmo noi, se potessimo.
L’uomo la osserva e la studia, intuendo che in quella creatura c’è qualcosa di speciale. Senza mai interferire con la sua vita, anche quando la situazione e lo spettatore lo richiederebbero in preda a un travolgimento emotivo, la vedrà attaccata dagli squali, suoi predatori naturali, ferita e quasi morta. Scoprirà che è in grado di ingaggiare una lotta senza quartiere sia per nutrirsi che per sopravvivere, arrivando ad uscire fuori dall’acqua e ad usare il suo intelletto e la sua astuzia per ribaltare una situazione apparentemente disperata. La durata media della vita di un polpo è di poco più di un anno, e sarà questo il tempo concesso a Craig per imparare a conoscere e ad affezionarsi profondamente alla piccola creatura.
I pensieri dell’uomo diventano ossessivi nei suoi confronti, sia di giorno che di notte, fino a far supporre che oltre all’abilità di rigenerare i propri arti, gli octopodi possiedano anche quella di riuscire a creare legami psichici e mentali. O forse si è trattato solo di amore.
Dopo questa esperienza, Craig ha fondato l’associazione no profit Sea Change Project, il cui sito è stato letteralmente travolto dalle mail di coloro che hanno visto il film e ne sono rimasti colpiti, non solo appassionati naturalisti, giovani biologi che hanno ritrovato la loro motivazione, ma persone di ogni provenienza. Anche il Governo del Sudafrica ha espresso ufficialmente il suo orgoglio per il documentario.
«Ciò che rende eccezionale questo animale è lo sguardo che abbiamo posato su di lui. Chissà quanti altri polpi sanno cavalcare uno squalo, chissà quante altre creature potrebbero stupirci: questa è la natura, in un modo in cui non l’abbiamo vista prima». Ha affermato la regista.
Secondo il Segretario Nazionale delle Nazioni Unite Antonio Guterres: “L’umanità sta dichiarando guerra alla natura. Questo è un suicidio. La natura reagirà – e lo sta già facendo con crescente forza e furia. La biodiversità sta crollando. Un milione di specie sono a rischio di estinzione. Gli ecosistemi stanno scomparendo davanti ai nostri occhi…”. E di una umanità in guerra contro la Terra parla il libro-evento del momento, Second Nature del giornalista e saggista Nathaniel Rich, appena recensito dal New York Times. “La Natura è ormai quasi sconfitta”, scrive Rich. “Ma sarà una vittoria che pagheremo a caro prezzo, con il collasso della nostra civiltà”.
Pandemie ed emergenze climatiche ci stanno dicendo, a voce alta, che è arrivato il momento di cambiare radicalmente il nostro attuale approccio alla natura, della quale facciamo parte e il cui destino è strettamente legato al nostro. Ogni animale, anche il più impensabile o umile, può diventare un compagno o un amico, nel momento in cui gli concediamo tempo, pazienza e profondo rispetto. In cambio, potremmo ritrovare il nostro posto nel mondo e avere la possibilità di preservare, anche per i nostri figli, l’Eden meraviglioso che ci è stato – non gratuitamente, non per sempre – concesso.
Lascia un commento