Presentare Una donna promettente come un film femminista che denuncia la cultura della violenza sulle donne è un’operazione commercialmente riuscita, vista l’attualità e la correttezza del tema, ma riduttiva e in qualche modo lesiva della stessa opera.
Le ambizioni del film infatti vanno oltre questi intenti. Non solo la regista Emerald Fennell – la prima britannica ad essere candidata al premio Oscar; il primo regista britannico ad ottenere una candidatura era stato Frank Lloyd nel 1930 per Trafalgar – intende stravolgere i generi e spiazzare lo spettatore con quello che viene presentato come un sanguinoso revenge movie, ma poi diventa commedia romantica, poi denuncia sociale, con colpi di scena depistanti, ma vuole raccontare cosa accade quando una persona, maschio o femmina che sia, in uno stato di vulnerabilità e senza difese, è alla mercé del più forte. Di colui che, invece di prestare soccorso e proteggere, spesso ammantato di ipocrisia, si approfitta della situazione per depredare e vibrare il colpo finale.
Se alzare più del solito il gomito durante una festa (o sentirsi male di colpo, mentre si guida, ad un incrocio) diventa l’appiglio per poter scagionare da qualsiasi colpa ed accusa un aggressore, la giustizia non esiste. La protagonista del film, la bionda ed avvenente Cassie (Carey Mulligan) è un vero angelo vendicatore, votato all’infantile, ostinato, idealista compito di mettere in guardia i cattivi, a scapito della propria vita e incolumità. L’inquadratura che la ritrae incorniciata in una decorazione murale con tanto di aureola e ali, non lascia dubbi, come le suggestive, distopiche e inaspettate scelte musicali. La prima fra tutte, rivelatrice, è quella della colonna sonora de La Morte Corre sul Fiume, il capolavoro di Charles Laughton e una brevissima inquadratura del film appare anche nella TV accesa dei genitori di Cassie. Alcune voci bianche si levano nel buio: «Dream, little one, dream / Though the hunter in the night / Fills your childish heart with fright / Fear is only a dream / So dream, little one, dream». Sognare e addormentarsi: è questo l’invito dei coristi invisibili che ci spingono a pensare la paura, senza timore. E noi, spettatori bambini (“little ones”), complice uno sfondo stellato, non possiamo che seguire il consiglio canoro, al contempo coraggioso e rassicurante, rivolto da altri bambini.
Chi veglia sugli innocenti, sui più deboli, in un mondo dominato da lupi? Chi ricorda i nomi delle vittime, chi pronuncia ancora i loro nomi? Nel frattempo i veri autori del crimine, del vero crimine, che non è quello di bere un bicchiere di troppo ma di stuprare e di umiliare, consumano esistenze felici, senza macchia apparente e possono portare a termine tutte le loro promesse di vita, quella vita che ad altri è stata per sempre negata.
Cassie era una donna promettente, ovvero una giovane donna piena di qualità e talenti, una studentessa di medicina modello, fino al momento in cui la sua esistenza è stata congelata, ha subìto un arresto improvviso. La sua amica di infanzia, una vera sorella, Nina, è morta in quel periodo. Cassie non può dimenticare, nè perdonare.
Una donna promettente si presenta come La Sposa in Nero di François Truffaut (le protagoniste dei due film sono sirene che si fanno belle e indossano un costume di scena solo per attrarre le vittime a scopo di vendetta) ma presto saranno i colori e non il nero del lutto a prendere il sopravvento. L’arcobaleno iniziale delle sue unghie, infatti, diventerà in crescendo anche quello dei suoi capelli nel momento in cui saprà che sta per tentare il tutto per tutto, forse senza via di ritorno. Quei colori simboleggiano che lei non è latrice di morte, bensì di onestà e di giustizia.
Suddiviso in capitoli, come gli atti di una tragedia, Una donna Promettente è stato presentato al Sundance Film Festival 2020, ottenendo tre candidature all’Oscar per Emerald Fennell: una come produttrice, una come sceneggiatrice e una come regista. La regista è al suo primo lungometraggio, infatti il suo precedente lavoro è stata la serie TV – di successo- Killing Eve, in 6 episodi.
L’uscita nelle sale italiane, prevista per il 13 maggio, è stata posticipata al 24 giugno, a causa della polemica per il doppiaggio del personaggio dell’attrice transgender Laverne Cox. Per il doppiaggio in italiano era stata scelta infatti la voce di Roberto Pedicini, decisione che faceva seguito ai doppiaggi precedenti riservati a Laverne Cox. Si è sempre optato per voci maschili, ma gli utenti della rete, tramite una vasta protesta via social, hanno fatto notare l’incongruenza di adottare una voce maschile per Laverne Cox che, in quanto donna, doveva essere doppiata da un’interprete dello stesso sesso.
Si spera che Una Donna Promettente non rimanga stigmatizzato e strizzato nel ruolo di film politicamente corretto e di genere femminista, con tutte le polemiche che ne conseguono, il che da una parte gli consentirebbe maggiore visibilità ma al contempo ne sminuirebbe le doti. Che si guardi insomma alla luna, e non al dito.
Convincente, emozionante, furbo quanto basta e ricco di citazioni e rimandi, il film pone intrinsecamente allo spettatore la domanda se esista al mondo qualcuno che ti voglia abbastanza bene da non dimenticare mai il tuo nome e in grado di sacrificare la sua vita, dividendola con la tua, come un ciondolo a forma di cuore, spezzato a metà. La risposta romantica e da fiaba nera di Una Donna Promettente è: “sì”. Possono accadere cose orrende, là fuori, nel buio, ma anche, talvolta, il miracolo della giustizia e dell’amore da dove non te li aspetti.
Regista: Emerald Fennell
Distribuzione in italiano: Universal Pictures
Paese di produzione: Stati Uniti d’America
Casa di produzione: LuckyChap Entertainment
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