«La decima vittima sarà una satira del mondo attuale, una trasposizione allegorica di aspirazioni ed inquietudini dell’oggi dove verranno fustigati certi costumi, la ferocia dei rapporti individuali e collettivi, l’arrivismo sociale dei tempi moderni.»
(Elio Petri, 1964)
Dopo aver diretto tre film – L‘assassino (1961), I giorni contati (1962) e Il maestro di Vigevano (1963) -, Elio Petri, che era un grande amante della letteratura fantascientifica, deviò decisamente rotta e propose al grande produttore Carlo Ponti di realizzare un lungometraggio atipico per il cinema italiano, La decima vittima, in cui, ambientata in un futuro imprecisato, sarebbe stata messa in scena una storia surreale che diventava allegoria critica di un presente già problematico, attraversato da notevoli contraddizioni. L’idea iniziale di Petri era sensibilmente diversa, ma il regista, costretto a mediare incessantemente con le richieste di Ponti, che era un uomo impetuoso e piuttosto autoritario, ridisegnò la sceneggiatura, piegandosi in parte alle esigenze del mercato. Il progetto, comunque, andò in porto, perché la presenza di Marcello Mastroianni come protagonista, affiancato dalla sensuale Ursula Andress, rassicurava il finanziatore.
La Grande Caccia, che costituisce l’asse portante della narrazione, è l’espediente che Petri mutua da La settima vittima (The Seventh Victim) di Robert Sheckley, da cui è tratto il film, per stigmatizzare “la ferocia dei rapporti individuali e collettivi” che, quantunque il nostro paese stesse vivendo solo la fase iniziale del boom economico, era già molto diffusa, laddove stava cominciando una rincorsa furiosa all’arricchimento. La legalizzazione della violenza “per evitare le guerre” – la liceità di uccidere e finanche essere premiati – fu la trovata caustica che ben restituiva una dilagante competizione economica e umana senza esclusione di colpi: Marcello Poletti e Caroline Meredith si fronteggiano per ottenere la loro lauta ricompensa. E a sottolineare la dimensione monetaria di tale scontro interviene anche un’ulteriore circostanza, ovvero la ripresa televisiva che uno sponsor propone alla “cacciatrice” (Meredith) per promuovere il proprio prodotto. Morte e merce, dunque, diventano un binomio fruttuoso, con il consenso delle masse che, stordite dal godimento promesso dal consumo, assistono compiaciute. Prima di Guy Debord, dunque, Petri coglie con lucidità e senza tentennamenti la dimensione spettacolare della società capitalistica, fornendone una lettura sacrosantamente impietosa.
Ma se questa è l’anima de La decima vittima sul piano del contenuto, a fare la differenza è, anche e soprattutto, l’aspetto formale, in particolare in riferimento alle costruzioni scenografico-ambientali, che risentono molto del surrealismo, della pop art e l’arte concettuale, il che fornisce al film una fisionomia unica, che lo ha reso nel tempo un’opera a sé stante, non confondibile. La messa in scena di Piero Poletto (che aveva già collaborato con Michelangelo Antonioni ne L’avventura e L’eclisse) e i costumi di Giulio Coltellacci creano un mondo affascinante e paradossale, a tratti ridicolo, in cui i protagonisti si muovono goffamente, privi di una visione critica, mossi solo dall’intento di restare in vita e arricchirsi. Marcello, separato dalla moglie e restio a ufficializzare la relazione con la compagna (una splendida e indimenticabile Elsa Martinelli), è un uomo indolente, pigro, che subisce le dinamiche di un’esistenza che non capisce e non riesce a controllare. Meredith è senz’altro più decisa, ma priva anch’essa di una prospettiva credibile, in balia degli eventi, degli entusiasmi di una troupe televisiva che cerca in tutti i modi di dare corpo a un grande spettacolo.
La decima vittima non è, come si è spesso scritto, un film di fantascienza con i toni della commedia, ma un vero e proprio pamphlet che il regista non esitò a scagliare contro l’epoca in cui viveva. C’è già molta politica in esso, una critica lucida, dichiarata e non fraintendibile al sistema economico imperante. D’altronde, “il politico” è stato presente fin dagli esordi, sebbene in forme e accenti diversi, nel cinema di Elio Petri, per poi ritornare in maniera ancor più marcata nel periodo degli anni Settanta.
Scritto da Tonino Guerra, Giorgio Salvioni, Ennio Flaiano ed Elio Petri, La decima vittima è una satira piuttosto feroce, sebbene non manchino situazioni leggere (divertente, ad esempio, il pignoramento della “collezione dei classici”, in realtà fumetti), buffe e sentimentaloidi. Quest’ultimo aspetto, però, lo si deve alla tirannia di Ponti, che impose a tutti costi al regista un lieto fine. A tal proposito, Petri in un’intervista affermò: “Sapesse come sudai per convincere il produttore e quanto penai per dovermi adattare a quell’orribile finale, pagliaccesco, ma non ce la facevo più a lottare contro tutti”.
Se poi è convincente la fotografia di Gianni Di Venanzo, un grande professionista del cinema italiano, a far titubare sono le musiche di Piero Piccioni, con quegli swing eccessivamente frivoli, ridondanti e talora inadeguati. Ma è probabile che anche questa scelta sia stata dovuta alle imposizioni di Ponti (ancora molti inorridiscono per i mostruosi tagli che il produttore inferse alla versione italiana de Le Mépris di Godard, oltre che per la sostituzione, totalmente illogica, delle meravigliose musiche originali di Georges Delerue con quelle mediocri, per l’appunto, di Piero Piccioni). Ma ciononostante, La decima vittima resta un film di cristallina bellezza e di grande interesse e di ciò non può non essere ascritto il merito all’eroico Elio Petri.
Grazie a Surf Film e CG Entertainment, La decima vittima è per la prima volta disponibile in versione restaurata e in alta definizione, in una prestigiosa edizione limitata, munita di un prezioso booklet, “Caccia al film”, a cura di Elisa Baldini, contenente 40 foto dal set di Tazio Secchiaroli e David Secchiaroli, una prefazione a cura di Paola Petri, la riproduzione del soggetto originale del film (per gentile concessione di Paola Petri e del Museo Nazionale del Cinema di Torino), appunti inediti di Elio Petri (per gentile concessione di Paola Petri) e “Riflessi di futuro. La decima vittima”, saggio di Lucia Cardone (Università di Sassari).
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