Disponibile su RaiPlay La notte, un film del 1961 diretto da Michelangelo Antonioni. La pellicola ottenne l’Orso d’oro al Festival di Berlino, Nastro d’argento e David di Donatello per la regia del miglior film. Capitolo centrale della cosiddetta “trilogia esistenziale” o “dell’incomunicabilità”, segue L’avventura e precede L’eclisse. È stato considerato un film fortemente innovativo nei contenuti e nel linguaggio filmico. Di rilievo il cast tecnico-artistico fra cui gli sceneggiatori Ennio Flaiano e Tonino Guerra ed i principali interpreti Marcello Mastroianni, Jeanne Moreau e Monica Vitti. Al debutto nelle sale vi furono celebri interventi provenienti dal mondo intellettuale, fra cui quello di Alberto Moravia, che elogiò l’originalità della narrazione, e quello di Pier Paolo Pasolini, il quale analizzò acutamente punti di contatto e differenze con il romanzo La noia dello stesso Moravia, pubblicato proprio in quei mesi.
Trama
L’unione dello scrittore Giovanni e di sua moglie Lidia è ormai arrivata a un punto morto. Tra noia, flirt abbozzati e vagabondaggi senza meta, i due, a volte insieme, a volte separati, passano una giornata grigia, attanagliati dal loro malessere interiore. L’alba del giorno dopo li sorprende però in un attimo fugace di felicità.
(Di seguito l’intervento di Alberto Moravia, apparso su L’Espresso del 19/2/1961)
S’è già detto in occasione de L’avventura, che Michelangelo Antonioni è forse il solo nostro regista che senta con sincerità e cerchi d’esprimere con coerenza il tema dell’incomunicabilità e dell’impotenza ad agire che è proprio oggi alle società dell’Occidente. Antonioni, tuttavia, non è arrivato a questo tema attraverso il travaglio culturale e l’imitazione artistica, come tanti; bensì per esperienza di vita, in maniera autobiografica. Donde l’autenticità della sua ispirazione ma al tempo stesso un certo impaccio ogni volta che il tema esca dall’ambito psicologico e sfiori il dato storico e culturale.
La notte racconta la serata d’un romanziere di successo, a nome Pontano, e di sua moglie, i cui rapporti sono giunti ormai a forza di aridità, a una specie di paralisi. I due coniugi tra il pomeriggio e l’alba fanno diverse cose tutte molto comuni che Antonioni ci descrive con minuzia crudele e compiaciuta, quasi a dire: «ecco che cos’è la vita». Vanno prima di tutto a visitare un letterato loro amico malato in una clinica. Durante questa visita Pontano ha quasi un’avventura insieme ripugnante e tentante con una malata, una ninfomane la quale, al suo passaggio per un corridoio, l’attira nella propria stanza e si getta su di lui. Più tardi, in macchina, fra il traffico della città, Pontano racconta l’avventura alla moglie che, però, non fa commenti. Tristi e distanti, i due rientrano a casa. Pontano si ritira nel proprio studio; la moglie se ne va a vagabondare per i quartieri periferici di Milano. A Sesto San Giovanni, tra i capannoni e i prati rognosi, ella spia con avidità un pugilato tra teppisti, accarezza con nostalgia una bimba piangente, assiste divertita a un esperimento di lancio di razzi. Tutto le par vivo dopo la compagnia così spenta del marito. Ma alla fine gli telefona affinché venga a prenderla con la macchina. La serata prosegue con un cocktail letterario durante il quale viene presentato l’ultimo romanzo di Pontano. Più tardi i due coniugi dovrebbero recarsi a un ricevimento in casa d’un industriale, ma la moglie, in un subitaneo conato d’affetto, propone di passar la sera da soli. L’esperimento fallisce: dopo avere assistito, in un night club, a un numero di danza negra, i due si recano dall’industriale. Qui ci troviamo nell’ambiente della Milano ricchissima che cerca a tutti i costi di divertirsi. L’industriale è un tipico industriale, in tutta la sua scuorante pesantezza e buona fede. Avvengono le solite cose: balli frenetici, tuffi in piscina, giochi, corteggiamenti, discussioni pseudo filosofiche. I due coniugi tentano fiaccamente di tradirsi a vicenda, lui con la figlia dell’industriale, lei con un invitato qualsiasi, ma non ci riescono. Alla fine, un po’ come nella conclusione de L’avventura, si ritrovano in un prato, all’alba, abbracciati; il nodo s’è sciolto e, almeno per quel giorno, essi si ameranno.
Abbiamo voluto raccontare il film nei particolari per dare il senso dell’accanimento con il quale Antonioni ripete quella sola ma profonda nota: l’aridità dei rapporti, la brutalità della vita moderna, lo squallore del destino umano. Questa nota desolata trova la sua espressione più alta, di rara eleganza e precisione, nella prima parte del film, soprattutto nella passeggiata della moglie di Pontano. Questa passeggiata è la cosa migliore che Antonioni abbia fatto sinora. Egli ha intuito con simpatia poetica il personaggio della moglie. Vera lei, tutto diventa vero intorno a lei. Lo stesso purtroppo non si può dire del marito e di conseguenza delle parti in cui primeggia. Chi ha detto a Flaiano e Antonioni che un intellettuale debba essere per forza spento e devitalizzato soltanto perché nei suoi libri ha descritto la crisi del mondo moderno? In realtà gli scrittori e in genere gli artisti sono più vitali della gente comune, se non altro perché quest’ultima si limita a vivere le crisi mentre gli artisti le esprimono. Antonioni con il suo Pontano ha commesso lo stesso errore di Fellini con il suo Steiner. La seconda parte, dedicata alla festa in casa dell’industriale, è inferiore alla prima, sia perché vi fa capolino un accenno d’intreccio, sia perché tutto, dal comportamento degli invitati ai discorsi del padrone di casa, vi è troppo esplicito e previsto. Tuttavia il tono alto del film è riconfermato da alcuni episodi, come per esempio quello molto bello della corsa della macchina sotto la pioggia.
La notte è a nostro parere il film formalmente più perfetto di Antonioni; e anche il più consapevole e coerente nelle intenzioni. L’interpretazione di Jeanne Moreau, non dissimile da quella fornita in Moderato cantabile e in Ascensore per il patibolo, è eccellente. Mastroianni, forse per colpa della sceneggiatura, manca un po’ troppo di vivacità. Monica Vitti ha dei buoni momenti, specie nella scena insieme con la Moreau.
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