Il padre d’Italia
Regia: Fabio Mollo;
Genere: drammatico, Italia, 2017 – 92 min.
Interpreti: Isabella Ragonese, Luca Marinelli, Mario Sgueglia, Anna Ferruzzo, Federica De Cola, Miriam Karlkvist.
Il trentenne Paolo, dal carattere taciturno e solitario, è traumatizzato da un tragico evento passato che non riesce ad affrontare. Quando incontra la bella Mia, incinta al sesto mese, la sua vita cambia per sempre e insieme i due iniziano un viaggio che attraversa l’Italia e nel quale Paolo riscoprirà la voglia di vivere e di amare.
“(…) Il Padre d’Italia, secondo lungometraggio del giovane calabrese Fabio Mollo è un on the road di cui si imprimono in prima istanza colori e suoni: i capelli rosa di Mia e la giacca argentata di contro alle Polo blu scuro e grigie di Paolo, la musica monopolizzante delle discoteche e delle dark room. Emerge fra tutto, Loredana Bertè, nata a Bagnara Calabra, città natia del regista e di Mia, che insieme a Paolo finisce inevitabilmente per approdare lì. Nella discesa verso il caldo e la luce, Mia si trasforma in donna, la pancia cresce, finisce per assomigliare a una sorte di madre natura seducente e luminosa; madre natura e madre di Paolo, che scoprendosi figlio nel contesto matriarcale è sempre più disposto a essere padre. La Calabria con le sue donne forti e dure rappresenta un significato diverso per entrambi: casa e normalità per Paolo, fuga dalla libertà per Mia.
Il film di Fabio Mollo vive dei suoi bravissimi attori che rendono i propri personaggi lontani anni luce dallo stereotipo. Luca Marinelli trascina nei movimenti tutto l’universo di Paolo, senza rendere mai esplicita la finzione, semplicemente, come tutti i grandi attori. La Ragonese di contro, esprime egregiamente il cambiamento del suo personaggio e con infinita naturalezza racconta il suo arrivo in Calabria che la rende accogliente e respingente al contempo. La performance dei due interpreti riesce a risollevare un film che non è certamente privo di forzature, l’uso eccessivo dei ralenti, e una sceneggiatura fin troppo didascalica nell’affrontare temi oggi fondamentali, come l’assenza di un futuro in un Paese che scorda il benessere dei suoi giovani. Perchè non affidarsi di più alle immagini, magari spogliandole di questa ridondanza estetica? Mettere da parte quello che rischia di essere il residuo di un eccessivo esercizio di stile e lasciare libero il terreno per gli sguardi dei due interpreti, i loro corpi, l’Italia che corre fuori dal finestrino.
Dopo la visione del Padre d’Italia quello che si pensa in prima battuta è che è un bene che in Italia si facciano film del genere. Ma di contro a un Sud finalmente giusto e malinconico nei suoi contrasti – i balconi di cemento e ruggine che si stagliano sul Mar Tirreno – c’è qualcosa di troppo artificioso per quel che riguarda scelte registiche e di scrittura, che stride di fronte a immagini troppo spesse e dense, che non riescono a rimandare ad un’agognata e poetica semplicità” (Alice Catucci, 9 marzo 2017 per Sentieri Selvaggi)
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