InsideTheshow pubblica da oggi, a cadenza settimanale, le recensioni e i saggi vincitori del Premio Adelio Ferrero 2024 (Festival Cinema e Critica di Alessandria)
Si comincia con secondo posto nella sezione “Recensioni” che vede vincitore Giuseppe Bargagnati di Fabriano (AN).
Horizon: An American Saga, Capitolo 1
Horizon (la città) non esiste: è una chimera, un nome su un volantino, un sogno nella testa della famiglia di pionieri che pianta i primi paletti nel terreno della San Pedro Valley, nel 1859, e che viene per questo trucidata dagli Apache all’inizio del film, che si apre e si chiude con due massacri, il primo per mano degli indiani verso i bianchi e il secondo per mano dei bianchi nei confronti degli indiani (Kevin Costner ha studiato da John Ford e sa che è necessario affrontare di petto la complessità e rifuggere ogni manicheismo). Horizon è, quattro anni dopo lo sterminio dei primi coloni, un’accozzaglia di tende bruciate dal fuoco, teatro di un’altra strage, che decima i pochi cittadini arrivati da ogni parte d’America, attratti da un manifesto visto chissà dove. Horizon è il motore, la chiave, l’anima del western: Horizon è una leggenda.
“I want to see the Frontier. Before it’s gone”:
Horizon (il film) è la realizzazione di un desiderio, quello espresso dall’ufficiale John Dunbar in Balla coi lupi: vedere la Frontiera, prima che sia troppo tardi. Per esaudire questa preghiera Costner, che coltiva questo progetto dal 1988, non ha paura di dilatare i tempi (quattro film previsti, il secondo presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia) e i costi, investendo di tasca propria 38 milioni, di moltiplicare gli spazi e i punti di vista: dalle carovane che viaggiano in Kansas (e che “nessun esercito del mondo può fermare”) alla fuga di Lucy/Hellen dal Montana verso il Wyoming insieme al figlioletto, dall’incontro tra la giovane prostituta Marigold e lo straniero Hayes (Costner stesso, con un passato misterioso di cui non fa parola, ma che il suo sguardo tradisce a ogni piè sospinto), all’avamposto dell’Unione dove trovano rifugio Frances Kittredge e la figlia Elizabeth, fino alle praterie dove alcuni superstiti di Horizon si uniscono ad un gruppo di cacciatori di scalpi, che sembrano usciti direttamente da Meridiano di sangue di Cormac McCarthy, a caccia di indiani e di vendetta.
Horizon è il punto di incontro tra la sua visione fatalista della Storia, espressa dal sergente dell’avamposto in uno scambio col capitano (“Le cose andranno come sarebbero comunque andate”), vista come un susseguirsi di tragedie collettive e individuali, e il suo sguardo sempre saldo sull’umanità dei personaggi. La differenza tra Horizon e le recenti riletture autoriali del genere, da Tarantino a Jacques Audiard passando per i fratelli Coen, è il respiro classico e l’afflato umanista che pervade l’opera di Costner. E anche se un western del 2024, dall’autore di Balla coi lupi e Open Range: Terra di confine, è necessariamente anche un film sul(la fine del) western, che in Horizon è racchiuso, compendiato, omaggiato e aggiornato alla contemporaneità (si pensi all’episodio dei guardoni in Kansas), Horizon trasuda talmente tanta fiducia verso le sue storie e i suoi personaggi da trasportarci nelle vicende dei suoi protagonisti con la limpidezza del miglior cinema classico.
Horizon è un viaggio appena incominciato e dalla destinazione incerta. Non sappiamo dove ci porterà. Alcuni personaggi potrebbero essere spariti per sempre, in altri (lo vediamo nel montaggio finale) non ci siamo ancora imbattuti ed altri ancora sembrano destinati ad incontrarsi presto. Intanto, delle rotative lavorano senza sosta mentre la colonna sonora di John Debney riverbera incessante. Cosa stanno stampando? I manifesti di Horizon, la città, quella che non esiste. Ed è qui che ci risuona nella testa la battuta più famosa de L’uomo che uccise Liberty Valance, uno dei più grandi capolavori di Ford: “This is the West, Sir. When the legend becomes fact, print the legend.” Ora è tutto chiaro: Costner è uno dei pochissimi registi americani a credere che il cinema, oggi, sia ancora in grado di stampare la leggenda.
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