Pubblichiamo la vincitrice del primo posto nella sezione Recensioni del Premio Adelio Ferrero 2024 (Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica). La recensione “La bestia che gridò Amore nel cuore del mondo: Neon Genesis Evangelion o Vangelo di una nuova e seducente solitudine” è di Sandra Innamorato di Pavia.
La bestia che gridò Amore nel cuore del mondo: Neon Genesis Evangelion o Vangelo di una nuova e seducente solitudine
di Sandra Innamorato
“Ognuno si vede promosso al comando di una macchina ipotetica, isolato in posizione di perfetta sovranità, a distanza infinita dal suo universo originale”
(L’altro visto da sé, J. Baudrillard)
Oceani completamente rossi, irreversibilmente corrotti dal brodo primordiale. Sulla spiaggia Shinji e Asuka distesi in posizione supina, due creature che affermano la propria individualità grafica e d’esistenza. E sullo sfondo la cariatide di Lilith, frutto di un’Apocalisse incompiuta e di un mondo che ha di nuovo il volto dell’Io. E poi, d’un tratto, l’atto di irrefrenabile egocentrismo di quell’Adamo quindicenne nei confronti dell’Eva che gli dorme accanto, mosso dal bisogno erotico di congiungersi a lei e dal dolore mortale di chi non ci riesce. Il finale di The End of Evangelion (Hideaki Anno, 1997) esplora il cortocircuito insito nelle paure umane, l’incapacità di avere a che fare con l’alterità e il mental breakdown di fronte al rifiuto. E così come finisce inizia: lo strangolamento di Asuka, così come l’orgasmo di Shinji di fronte al corpo della ragazza in coma, rispondono tragicamente allo stesso quesito: Come si vive bene con gli altri? Come si genera amore? In entrambi i casi, la risposta è “non lo so”.
Il secondo lungometraggio della saga di Evangelion è considerato il thanatos tra le possibilità di conclusione che l’autore ha offerto alla sua opera: il non-paradiso, “the end” per Evangelion in quanto parabola biblica sulla vita. Eppure, nella sua posizione mediana tra l’episodio 26 e il commuovente congedo dal dolore della Rebuilt, The End of Evangelion cattura il nostro Zeitgeist, il conflitto aperto dell’uomo con se stesso e le strategie che mette in atto per avere a che fare col mondo. Tutto Evangelion è la narrazione di un impianto mediale per la sopravvivenza, la storia dei mezzi in grado di creare contatto, legami, frapporre barriere e uccidere, in una sofferente tensione tra distanza e prossimità, io e tu. La matrice dura di questo continuo link sono gli Evangelion, le unità da combattimento umanoidi protagoniste di un sodalizio tra uomo e strumenti digitali che trent’anni fa era a dir poco profetico.
Le vite dei tre children prescelti per pilotare gli Eva e salvare il genere umano si sovrappongono al nostro ruolo di utenti, divisi – loro – tra gli umori della pubertà e un alter-ego eroico e – noi con loro – tra manie del controllo e paura del fallimento. Gli Eva permettono ai piloti di interfacciarsi col nemico entro un fortino sicuro, fungono da mcluhaniane protesi potenzianti senza le quali non ci sarebbe garanzia di sopravvivenza. Allo stesso tempo, la ritrosia dei protagonisti ai legami umani e la difficoltà a comprendersi l’un l’altro, raccontano la coabitazione nell’animo di due posture: la paura del mondo esterno e il conseguente bisogno di uno scudo protettivo per potervi agire indisturbati. Entry plug, AT-field, tutte invenzioni dell’universo NGE che avvicinano l’anime al meccanismo casettiano di protezione-proiezione relativo alle bolle digitali. Per detonare l’intensità del mondo esterno, le bolle ci racchiudono in un involucro sicuro restituendoci di quel mondo le immagini. Gli Eva permettono ai piloti di sentirsi migliori proiettando immagini del sé virtuose, allo stesso modo i media digitali – così come il cinema – permettono un accesso indiretto a mondi irraggiungibili, ma a rischio zero.
L’Apocalisse in Evangelion è allora una questione di scelta: saltare nel vuoto verso una percentuale di sofferenza insondabile, o immaginare possibilità alternative dove l’incontro con l’altro contiene l’urto. I media contemporanei ci hanno permesso di sviluppare una forma di tecno-sensibilità in grado di renderci preparati ad ogni sorta di imprevisto, e a patto che non si sfoci nel soffocamento dei propri ospiti, le bolle diventano soglie dalle quali guardare il mondo con rinnovata autocoscienza. Di fronte alla scelta tra un mondo privo di individualità, dove non c’è sofferenza ma nemmeno desiderio, e un mondo dove la distanza-prossimità tra gli individui non può che generare dolore, ma anche amore, Shinji sceglie, con i versi di Mallarmé, “separati, si è insieme”: la condivisione di un paritario stato di difficoltà che però genera speranza, un mondo in cui le connessioni annullano l’isolamento e ci proiettano lontani dalle nostre disgrazie, e in cui quel mare macchiato da un’energia collettiva di esperienza, resta irreversibilmente rosso.
“Può esistere anche un me stesso che non è un pilota di un eva”
Shinji Ikari, Neon Genesis Evangelion, ep. 26 “Take care of yourself”
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