Dopo un breve intervallo, ritorna la rubrica con i film del fine settimana scelti e presentati dal critico cinematografico Roberto Lasagna. Questa weekend in sala tre film francesi, il thriller “L’Ultima Ora”, la commedia “Due Amici”, e il film drammatico “Il Segreto di una Famiglia” (coproduzione franco-argentina).
L’Ultima Ora
Regia: Sébastien Marnier. Interpreti: Laurent Lafitte, Emmanuelle Bercot, Gringe, Grégory Montel, Pascal Greggory. Genere: Thriller. Paese: Francia, 2018. Durata: 103’
Presentato alla Mostra di Venezia, L’ultima ora del regista e sceneggiatore Sébastian Marnier si annuncia come un film insolito, calato in un’atmosfera di non detti che progressivamente lascia il posto ad una verità estrema. Il professor Pierre Hoffman (Laurent Lafitte), supplente del collegio privato Saint Joseph in cui si trova a condurre una classe di studenti iperdotati e con mille pregiudizi nei confronti del nuovo arrivato, si confronta con ragazzi determinati che sembrano nascondere un segreto, dettagli che rimangono celati a lui e allo spettatore per poi dipanarsi in un racconto teso ed efficace. Il precedente insegnante ha perso la vita in circostanze misteriose gettandosi dalla finestra durante un’ora di lezione e la classe sembra adesso unita da una missione oscura, tra istanze ecologiste e senso di imminente fine del mondo. Questi ragazzi così intelligenti, le cui parole vengono prese terribilmente sul serio, incarnano una generazione che si sente fortemente minacciata. Il regista è solito affrontare situazioni limite, e nel suo precedente lungometraggio (Irréprochable mai arrivato da noi), raccontava una donna disposta a tutto pur di ottenere il posto di lavoro considerato come un imprescindibile diritto. Il pessimismo, ne L’Ultima Ora, incontra la struttura del thriller allegorico e oscuro con risultati originali, via via insinuanti, seppure non manchino nel film momenti didascalici (lo scarafaggio kafkiano in bella mostra, che il supplente, impegnato in una tesi sullo scrittore di Praga, ritrova nella sua ricerca sul campo) e una conclusione che lascia perplessi ma ugualmente permette di aprire uno scorcio allegorico su una dimensione esistenziale generazionale. E’ la capacità sincera di affrontare temi di non poco conto anche grazie alle note della suspense, dove il lato scuro di sei ragazzini che sembrano dei dannati viene in risalto grazie all’interessamento di un insegnante giovane che, lui sì, non ha pregiudizi e coglie la paura nelle menti come la premessa di uno sconcertante cupio dissolvi.
Per chi cerca le atmosfere del thriller in un racconto di metamorfosi e visioni ecologiste
Due Amici
Regia: Louis Garrel. Interpreti: Golshifteh Farahani, Louis Garrel, Vincent Macaigne, Mahaut Adam, Pierre Maillet. Genere: Commedia. Francia, 2015. Durata: 100’
Con Due amici, Louis, figlio del regista Philippe Garrel, lascia respirare i suoi miti culturali, a partire della Nouvelle Vague, lasciando confluire nel suo lungometraggio d’esordio i codici della commedia romantica hollywoodiana e lo spirito umanistico dei maestri francesi, ispirandosi in particolar modo a Jean Renoir. Nella ricerca del garbo e della leggerezza, il film rende omaggio anche a Bernardo Bertolucci e al suo The Dreamers. La macchina di presa viene puntata tra le barricate del ’68 ma tutt’intorno si muove un girotondo sentimentale dagli echi tragicomici. I personaggi si ritagliano un rifugio emotivo per fuggire al grigio caos dell’esistenza e restituire al dramma la leggerezza che occorre per saper vivere e desiderare una donna che, come gli altri protagonisti, appare trascurata dalla vita ma capace, ad un certo punto, di dare un nome al sentimento. Questa donna è Mona, di giorno occupata in un chiosco della Gare du Nord, che ogni sera ha un treno da prendere che la riporta altrove. Quell’altrove che una detenuta in semi-libertà conosce bene. Mona nasconde il suo segreto e rifiuta l’amore del fragile Clément, il quale trova il sostegno del benzinaio poeta Abel, accorso in aiuto dell’amico. Nasce un ménage à trois che esprime molto bene il desiderio di appartenere a qualcuno, di darsi all’altro per vivere a fondo e più intensamente, secondo una lezione che il cinema francese tramanda nel tempo. Infanzia, giovinezza, sentimenti intrecciati ad esperienze personali, in un cinema che riesce ad emozionare nei suoi riferimenti che, oltre il cinema, vanno da Musset, a Marivaux a Milan Kundera.
Per chi cerca esordi romantici d’autore
Il segreto di una famiglia
Regia: Pablo Trapero. Interpreti: Martina Gusman, Bérénice Bejo, Edgar Ramirez, Joaquín Furriel, Graciela Borges. Genere: Drammatico, Thriller. Paese: Argentina, Francia, 2018. Durata: 112′
Berenice Bejo e Martina Gusman sono Eugenia e Mia, sorelle argentine che si ritrovano a “La quiete”, dimora di una famiglia ricomposta temporaneamente attorno al padre, vittima improvvisa di un ictus. Eugenia ritorna alle origini dove l’aspetta a braccia aperte Esmeralda, la madre egocentrica interpretata da Graciela Borges. Eugenia aveva scelto di vivere a Parigi, dove il padre lavorò come diplomatico, mentre Mia è sempre rimasta a casa. Tra le sorelle sopravvive un legame fortissimo, fisico, tattile, d’istintiva intesa e passione, sottolineata da una fisicità di corpi che si abbracciano e si completano, si scoprono complici anche in una sequenza di masturbazione comune. Un amore assoluto che permette a Trapero, Leone d’Argento per la regia de Il Clan, di costruire il suo racconto sull’intensità dell’intimità, sulla visceralità del rapporto che lega le due donne, tanto belle quanto fisicamente somiglianti. La quiete è però un nome sarcarstico: in questa famiglia al femminile covano tensioni e segreti; mentre Eugenia viene accolta da Esmeralda come la figlia ritrovata – primogenita che rivela di essere incinta rinforzando le aspettative di una mamma che non vedeva l’ora di fare la nonna – il rapporto tra Mia e la madre, donna invadente e divisiva, rimane costantemente teso e conflittuale. La regia empatica e popolare di Trapero non cade nello stereotipo di una rappresentazione di rivalità forzate nemmeno nei cambi di registro che vanno dal melodramma al grottesco passando per i toni romantici e la commedia nera. L’energia che avvince il rapporto delle sorelle ha tratti vitali, lanciata al possesso come forma di completamento, evidenziata dal racconto in cui talvolta riappare il passato scomodo e mal digerito dell’Argentina, il sottofondo politico e repressivo che a sorpresa bissa aspetti di sottofondo di alcuni personaggi. L’occultamento della verità e le pratiche repressive sono l’oscuro controcanto di una vitalità energica e vibrante che le sorelle, senza il loro rapporto viscerale ed esclusivo, non riuscirebbero a salvaguardare come una necessità vitale che cerca spazi.
Per un cinema di corpi che ci raccontano l’intimità
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