Lo chiamavano Jeeg Robot
Regia: Gabriele Mainetti; Italia, 2015.
Interpreti: Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi.
Ore 21,20 Rai 4, Canale 21; durata: 112’.
Dopo Il ragazzo invisibile di Salvatores, Gabriele Mainetti offre una prova di originalità sorretto dalla sceneggiatura di Guaglianone che non dimentica l’ironia e il nonsense. Manga giapponesi e supererei disfunzionali tra la mafia capitolina e la camorra.
La casa delle finestre che ridono
Regia: Pupi Avati; Italia, 1976.
Interpreti: Lino Capolicchio, Francesca Marciano, Gianni Cavina, Vanna Busoni.
Ore 22,55 Cine34, Canale 34; durata: 110’.
A quarantaquattro anni dalla sua realizzazione, il film di Avati mantiene la forza della sua intuizione: cogliere l’orrore nel presente della provincia italiana, solo all’apparenza placida e accogliente. L’orizzonte della pianura padana diviene irto di misteri, indicando una nuova direzione dopo gli universi da fiaba nera ricostruiti in studio o le metropoli votate al giallo.
Tutto può accadere a Broadway
Regia: Peter Bogdanovich; USA, 2014.
Interpreti: Imogen Poots, Owen Wilson, Jennifer Aniston, Kathryn Hahn, Will Forte.
Ore 1,00 Rai 4, Canale 24; durata: 93’.
Bogdanovich, l’autore de L’ultimo spettacolo, torna dietro la macchina da presa a settantacinque anni con un film spumeggiante, il cui confronto con il miglior Woody Allen è funzionale a rendere l’idea: Tutto può accadere a Broadway è un universo di omaggi (Lubitsch, Broadway e il cinema) e una screwball comedy insieme classica e postmoderna, in grado di rinverdire le atmosfere tipiche dell’autore (… e tutti risero). Gli anni d’oro del cinema hollywoodiano fonte di malinconica spinta espressiva e impagabile leggerezza.
Inside The Show, in collaborazione con il Festival Adelio Ferrero, ripercorre la storia del Festival di Cannes in attesa del suo ritorno, attraverso i meravigliosi film premiati nelle 72 precedenti edizioni.
Oggi parleremo di…
Blow-Up di Michelangelo Antonioni, con David Hemmings, Vanessa Redgrave, Peter Bowles, Sarah Miles, John Castle, Jane Birkin.
Il film vinse il Grand Prix du Festival International du film de Cannes 1967.
“Io non so come è la realtà. Ci sfugge, mente di continuo… Io diffido sempre di ciò che vedo, di ciò che un’immagine ci mostra, perché immagino ciò che c’è al di là, e ciò che c’è dietro un’immagine non si sa. Il fotografo di Blow-Up non è un filosofo, vuole andare a vedere più da vicino. Ma gli succede che, ingrandendolo, l’oggetto stesso si scompone e sparisce. Quindi c’è un momento in cui si afferra la realtà, ma nel momento dopo sfugge. Questo è un po’ il senso di Blow-Up.” (Michelangelo Antonioni)
Film cruciale per un cinema verso la modernità, Blow-Up porta a domandarsi come sia possibile rappresentare visivamente il nulla, l’assenza, la non esistenza. La donna che scompariva ne L’avventura e il deserto urbano nel finale de L’eclisse erano già indizi del progressivo dissolvimento del soggetto nell’universo dell’oggettività. In Blow-Up il fotografo Thomas (David Hammings), nella Londra modaiola di fine anni sessanta, è dibattuto tra urgenze neorealiste (le foto che documentano la vita dei senzatetto) e le soluzioni estetizzanti della metropoli, vivendo nevrosi e spersonalizzazione. La percezione soggettiva del fotografo è tutt’uno con quella oggettiva della macchina fotografica e la narrazione di Antonioni, lavorando per sottrazione (nessuno spazio ai sentimenti, al parlato), mette in discussione il concetto di verità, mentre l’ingrandimento fotografico (Blow-Up, appunto) porta alla luce vari livelli stessi di realtà, ma più si ingrandisce più si arriva al punto in cui la percezione si volatilizza. Il rapporto tra l’essere e il nulla non si ferma alla fotografia ma nel film di Antonioni la riflessione contempla il cinema, la musica, l’architettura. Opera che sarà spunto di tanto cinema moderno e postmoderno, è una visione scettica in cui la finzione degli esseri umani si amplifica fino a destrutturare la realtà.
Lascia un commento