Disponibile su RaiPlay Personal Shopper, un film del 2016 diretto da Olivier Assayas, con protagonista Kristen Stewart. Con la sceneggiatura di Olivier Assayas, la direzione della fotografia di Yorick Le Saux, le scenografie di François-Renaud Labarthe e i costumi di Jürgen Doering, Personal Shopper è interpretato da Kristen Stewart, Lars Eidinger, Sigrid Bouaziz, Anders Danielsen Lie, Ty Olwin, Hammou Graïa, Nora von Waldstätten, Benjamin Biolay. Il film si è aggiudicato il Prix de la mise en scène al Festival di Cannes del 2016.
Trama
Maureen è una giovane americana che a Parigi si mantiene lavorando come personal shopper della celebrità Kyra. Inoltre, Maureen ha la capacità psichica di comunicare con gli spiriti dei morti, come quello del fratello gemello Lewis, da poco defunto. Ben presto, comincia a ricevere messaggi ambigui provenienti da una fonte sconosciuta.
“La sceneggiatura di Personal Shopper è molto semplice ma anche frutto di una grande immaginazione. Si tratta di un’opera molto meditativa che evoca mondi a loro modo invisibili senza mai nominarli e richiama emozioni molto intime. Affronta temi poco comuni per il cinema francese, come i fantasmi o lo spiritismo, distinguendosi però molto bene dai thriller soprannaturali americani. Possiamo definirlo un film di genere che non cerca di spaventare con i fantasmi ma che vuole proporre una riflessione sulla realtà. La domanda che si pone è forse la più terrificante di tutta l’esistenza umana: siamo davvero completamente da soli o possiamo entrare in contatto con qualcun altro? Maureen è una donna molto sola, totalmente isolata e triste. Anche quando è circondata da altre persone, è come se non esistesse, immersa com’è nel suo dolore. Lavora come personal shopper e, nonostante non sopporti la professione, non riesce a fare a meno che indossare gli abiti della celebrità che serve, finendo con il rompere un tabù. Maureen è come affascinata da ciò che odia mentre vive la sua crisi di identità. Non si presenta come una femminista che critica la superficialità della società dei consumi ma il lutto per la morte del fratello che l’accompagna la fa sentire in colpa per l’attrazione che nutre per i vestiti. Del resto, le persone sono sempre state attirate da ciò che luccica, come delle piccole farfalle. Personal Shopper parla di elaborazione del lutto ma è anche la storia dell’emancipazione della giovane Maureen, che cerca di liberarsi percorrendo un insolito cammino”.
(Kristen Stewart)
“Nel cinema di Assayas l’oggetto è sempre stato un tramite, il segno riconoscibile, vuoto eppure profondo, di legami affettivi e familiari. Un dipinto in Fin août, début septembre, un vaso in Ore d’estate, una pagina bianca in L’eau froide. L’arte stessa, fatta di oggetti, di simulacri sempre vivi, mai semplice rimando o citazione – un film di Arnold Fanck, un’esposizione al d’Orsay, i frammenti di una serie anni ’20- vive sullo schermo come un mondo a sé, un universo con cui entrare in contatto, un soggetto complesso che instaura un dialogo continuo con i personaggi. In Sils Maria, di cui Personal Shopper è il film gemello, la naturale evoluzione, Assayas poneva al centro della scena – in termini anche letterali, in quanto scena teatrale – la figura di un’attrice non più giovane messa, Maria, di fronte ai fantasmi del proprio mondo interiore (il tempo, l’arte, la sessualità) e della cultura contemporaneo (la visibilità delle emozioni, l’immaterialità del digitale, l’ossessione per la celebrità), arrivando a trovare nella natura la sintesi perfetta e inquietante del nulla, del vuoto di cui è fatto ogni immaginario. Un serpente di nuvole bellissimo e spaventoso incarnava una forza misteriosa e invisibile, che sullo schermo si faceva, finalmente, visibile. Personal Shopper è un passo avanti Sils Maria, perché riprende il discorso dall’altra parte dello specchio, trasformando in protagonista, e affidando alla stessa attrice, Kristen Stewart, un personaggio identico a Valentine, l’assistente di Maria nel film precedente: non la donna al centro della scena, ma la sua controparte, la sua ombra, che di nome fa Maureen ed è una personal shopper, una americana a Parigi che cura il guardaroba di una celebre attrice. In Sils Maria Valentine spariva nel nulla alla fine del film, reincarnandosi fisicamente in un’altra assistente e idealmente in Maria, come sua avversaria, suo doppio e nemica. Quel fantasma, quel vuoto, in Personal Shopper sono al centro della stessa scena – sempre al centro, in un film cucito sul corpo della Stewart.
Il mondo di Assayas, da sempre così prosaico, così fisico, con la macchina da presa che insegue, precede, abbraccia un corpo mai isolato ma al contrario circondato dal respiro del reale, dallo spessore dell’aria, della luce, delle ombre, in Personal Shopper dialoga finalmente con il suo versante astratto, assumendone la purezza figurativa. I dipinti della af Klint, in questo senso sono la chiave del film, non un particolare intellettualistico, ma oggetti che si fanno medium, tramite di un dialogo con l’invisibile. E la stessa attesa del fratello da parte di Maureen, è la semplice attesa di una voce che spezzi il silenzio e il mistero del reale. Trattando realtà e immaginazione sullo stesso piano del dubbio, come ad esempio nella duplice scena del probabile incontro di Maureen con il fantasma, mostrata una prima volta con semplici spazi vuoti e una seconda con un personaggio a riempire quel vuoto, Assayas fa nascere, quasi fiorire il mistero dentro le immagini. E fa paura, mette l’ansia, trova la meraviglia. La pellicola, supporto vero, materiale, non illusorio come il digitale, rivela la dimensione nascosta della luce, e la follia di Maureen, la sua impossibile elaborazione del lutto, trova nella realtà delle immagini un versante astratto, assurdo forse, con il quale provare a instaurare in dialogo”.
(Roberto Manassero, Cineforum, 12 Aprile 2017)
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