Lo sguardo sul profondo sud e l’adattamento di un saggio-diario di John Berendt tratto da autentici fatti di cronaca permettono a Eastwood di tornare alla regia con un racconto di cui lo interessano soprattutto i caratteri e i toni straniati. Mezzanotte nel giardino del bene e del male (Midnight in the Garden of Good and Evil, 1997) vede lo scrittore e giornalista newyorkese John Kelso (John Cusack) impegnato in Savannah, in Georgia, dove, per seguire una festa natalizia organizzata da un miliardario del luogo, si ritroverà coinvolto e affascinato da un ambiguo omicidio.
A Eastwood preme cogliere il peso drammatico della vicenda che introduce un ambiente popolato da un’umanità eccentrica, dove i morti gridano vendetta dal “giardino” in cui sono seppelliti. Eastwood e il suo sceneggiatore Jack Lee Hancock restituiscono forma affascinante a una dimensione sotterranea ed esoterica in cui il racconto lascia percepire i toni dello smarrimento rivisitando il meccanismo del film di genere e indagando cosa covi “sotto”, oltre i travestimenti e le formalità del perbenismo. La festa e il travestimento sono punte di stranezza di una realtà che nasconde oppressioni e delitti, e Eastwood, che con Potere assoluto ha raccontato l’incombenza della violenza tra le stanze dei potenti, continua a raccontare le manifestazioni di un mondo che ferisce e non perde occasione per esercitare misfatti e occultamenti. Tra di essi, il gesto del ricchissimo Jim Williams (Kevin Spacey), parvenu di Savannah, processato per l’assassinio del suo giovane amante e protetto Billy Hanson (Jude Law), disponibile a rapporti a pagamento con entrambi i sessi. La giustizia non è una strada facile, e non è nemmeno un intento sempre perseguito dai vivi, che si ritrovano a cercare la verità in un’aula di tribunale. E con l’entrata in scena di The Lady Chablis, travestito di Savannah, Eastwood sfodera un travolgente gancio al perbenismo e alle formalità, tanto nelle pose dei concittadini quanto tra le aspettative dello spettatore.
Mezzanotte nel giardino del bene e del male porta in scena quella dimensione della coscienza in cui, grazie a un film (o alle lettere ritrovate de I Ponti di Madison County), sono i morti a parlare con i vivi, a bilanciare l’esistenza e la giustizia permettendo di cogliere con un respiro profondo la realtà che si offre come inaspettatamente attraversata da un brivido di caustica ironia. La regia non ha fretta di dare spiegazioni, presenta modalità ellittiche, discute e analizza il tema morale senza offrire risposte facili, rimanendo così fedele al testo di Berendt. Ne origina un film complesso e dilatato nei tempi, dove le interrogazioni del personaggio di John Cusack che si ritrova senza risposte preludono a un verdetto difficile. La realtà è un campo minato e arduo in cui Eastwood semina dubbi, e mentre un processo cerca di stabilire punti certi attorno a un teatro di indizi il racconto cinematografico ingarbuglia la questione e intavola un dialogo tra i vivi e i morti che vede la vendetta dell’ucciso consumarsi dopo il processo, quando il colpevole, assolto, muore “misteriosamente”.
Film raffinato e personale, Mezzanotte nel giardino del bene e del male è interpretato benissimo sia da John Cusack nei panni del cronista scrittore divorato dalle sue lacune personali sia da un eccellente Kevin Spacey. Fra apparenza e verità, il film si porta dalla parte di un Sud in cui accadono stranezze e occultamenti di cui “parla” il nonsense del cane invisibile portato a spasso dal maggiordomo. Senza ritagliarsi un ruolo da interprete, Eastwood si dedica a raccontare un mondo non così lontano, un Sud metaforico e reale in cui la giustizia si colora di menzogna, la polizia giura il falso e il pregiudizio tiene banco. Aspetti che un film può denunciare, senza la pretesa di cambiare il mondo, e tuttavia lasciando intendere che i conti non sempre si chiudono sul banco degli imputati ma permangono aspetti irrisolti oltre l’iter processuale. Vizio e ipocrisia si trascinano in una quotidianità manipolata e manipolabile, mentre Eastwood, che coinvolge nel cast anche la figlia Alison, racconta con fascino un affresco bizzarro e grottesco dove alcune apparizioni, come il folle con le mosche attaccate al collo, si dimenticano difficilmente.
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