Splendidamente calato nei temi della solitudine e dell’amore è I ponti di Madison County (The Bridges of Madison County, 1995) in cui Clint Eastwood, anche regista del film, vi interpreta Robert Kincaid, fotografo del National Geographic che nella torrida estate dello Iowa del 1965 si porta a chiedere indicazioni a una fattoria per poter raggiungere i ponti di Madison County che dovrà fotografare.
E qui incontra Francesca (Meryl Streep), quarantenne italiana e madre rassegnata alle sue abitudini e alle faccende di casa, che si ritrova quattro giorni senza il marito e i figli, partiti per una fiera del bestiame. Robert e Francesca fanno amicizia e il loro incontro si trasforma presto in una passione profonda. Una vertiginosa alchimia che sbaraglia sentimenti e destino dei due i quali vivono la loro intensa storia e con il ritorno della famiglia si affacceranno a un difficile bivio, che per Francesca significherà scegliere tra il restare legata alle proprie responsabilità familiari cioè a un presente che “non è quello che avevo sognato da ragazza” (con le sole soddisfazioni che originano dai commenti dei figli dopo che assaporano i pranzi dai lei preparati) e rimanere invece tra le braccia di Robert, il fotografo freelance con cui ogni attimo è un rapimento che le fa sognare un futuro luminoso e coinvolgente.
Clint Eastwood acquisisce i diritti per adattare il best seller di Robert James Waller I ponti di Madison County e dopo il successo de Gli spietati continua a produrre film inattesi questa volta dedicandosi a un melodramma sentimentale che viene accolto da un grande successo di critica e di pubblico e rappresenta uno dei punti più alti della sua carriera.
Dopo il trionfo agli Oscar 1993 per Gli spietati, che premiano Clint Eastwood con le statuette per il miglior regista e per il miglior film, le venature crepuscolari del western con William Munny lasciano il campo a quello che diventa in breve tempo un classico del cinema romantico. Eastwood, al meglio della sua eleganza registica, sviluppa con I ponti di Madison County motivi di una riflessione personale attorno alle relazioni e alla morale, raccontando l’amore come un uragano che entra nella vita delle persone. Per raccontare la nascita del sentimento, Eastwood adotta uno stile narrativo sobrio e realistico, che d’ora in avanti accompagnerà il suo cinema migliore e che indubbiamente Gli spietati ha già sfoderato al meglio. Ma questa volta l’apparentemente inaspettata virata tematica verso il mondo delle passioni sentimentali corona un sogno cinematografico dell’autore-attore, che si porta lontano dalle convenzioni del melodramma classico hollywoodiano e racconta la vicenda interamente in flashback attraverso le pagine dei diari della protagonista riscoperti dai figli.
La breve relazione tra il maturo fotografo e la casalinga insoddisfatta viene raccontata con una sensibilità che tiene a bada qualunque moralismo e si apre a una storia d’amore fatta di sorrisi, sguardi, parole che rendono memorabili i quattro giorni in cui Francesca e Robert vivono emozioni pronte a trovare spazio solo nei loro incontri e che il mondo fuori in cui vive Francesca, dominato dalle regole della comunità chiusa e conservatrice, non può capire né tollerare.
Eastwood realizza una pagina di grande cinema appassionante e commovente, dove il piacere dell’incontro si rafforza con le reciproche ed irrinunciabili attenzioni che divengono parte di un immaginario intimo valorizzato dalla fotografia suggestiva di Jack N. Green e sono raccontati seguendo la sceneggiatura preziosa di Richard LaGravanese.
Si registrano piccoli-grandi cambiamenti che rendono la vita dell’italiana Francesca da monotona, come all’inizio del racconto ambientato tra le scelte quotidiane flemmatiche di donna dedita agli impegni domestici, a piena, intensa, dinamica, come gli atteggiamenti verso la vita di un reporter americano che entra in scena e porta una prospettiva differente.
La regia di Eastwood si dedica a raccontare la spontaneità delle emozioni e permette di identificarsi con i sentimenti dei protagonisti senza indugiare su sviluppi scenici iperbolici ma anzi lasciando spazio all’interrogazione morale in un viaggio nella memoria racchiusa tra gli splendidi paesaggi dello Iowa.
L’interrogazione divampa in lacerante tormento per Francesca che, rassegnata alla sonnifera vita casalinga in cui il marito non è di certo un cattivo e violento ma viene anzi descritto come “una persona pulita, e tante altre cose, lavoratore, affettuoso, onesto e gentile. Anche un ottimo padre”, si ritrova fatalmente dinanzi a Robert, l’uomo il cui volto le offre la purezza struggente di un sentimento che la rapisce. E quel rapimento la porta a vivere giorni di passione che sedimentano in lei il sentimento d’amore, con Robert che nel raccontare a lei della sua vita, se ne innamora, disvelando come due anime lontano possano unirsi creando la libertà di un ponte densamente reale e intriso di immaginario intimo, come quello che lui ha ritrovato nel reportage fotografico Madison County, non potendo immaginare che la sua passione esplorativa gli avrebbe fatto vivere scene a lume di candela un giorno indimenticabili.
Meryl Streep, dolcemente passionale e idillica, è magnifica nel romanticismo inesausto del suo personaggio: si lascia trasportare dal suo sogno e lascia scorrere gli eventi, vivendo un’insostenibile lotta interiore tra la morale familiare e la nuova passione. I due uomini nel suo animo sono troppo diversi e la scelta per lei è un conflitto tra amore e ragione che la regia di Eastwood porta a un bivio magistrale nella sequenza in cui Francesca, seduta sul pick up accanto al marito di fronte a un semaforo, vedendo Robert vorrebbe liberare la portiera e raggiungerlo; ma la sua rinuncia dolorosa e disperata, che il suo viso non nasconde, è di tale struggimento da suggerire malinconicamente tutto il disagio della sua scelta disperata.
I ponti di Madison County è uno dei migliori film di Eastwood, opera elegante e filosofica che porge allo spettatore i suoi interrogativi, senza offrire risposte scontate e frettolose. Con rispetto verso i suoi personaggi, il film non discute la decisione sofferta di Francesca, ma anzi ne colloca il vissuto tra i retaggi culturali del Mid-West, e attraverso le pagine del diario ritrovato dai due figli sorpresi di conoscere l’innamoramento della madre e la sua rinuncia, si completa l’immagine e l’omaggio a Francesca.
Una donna la cui relazione con Robert, rimasta tra i segreti dell’ufficialità, ha invece continuato ad abitare il suo immaginario, ad alimentare quei ricordi struggenti che il motivo musicale di un film in grado di non cadere mai nel patetismo rammenta con potente sincerità.
Tra i segreti de I ponti di Madison County c’è anche che l’amore è un sentimento misterioso, un inchino a cui è tuttavia fondamentale obbedire, e a cui Robert corrisponde dichiarandosi scopertamente pronto ad afferrare “questo tipo di certezze” che “si hanno una sola volta nella vita”.
Tra il piacere e la morale, tra gli obblighi familiari e la passione nuova che divampa, il film è una coraggiosa immersione tra il tedio ma anche i possibili bagliori della vita quotidiana e le svolte capricciose del destino, gli struggimenti che rinviano a pianti e rimpianti a cui due persone diverse cercano di dare differenti risposte che tuttavia incrinano certezze assodate e non sottraggono lo spettatore dall’evidenza che quanto è capitato a Francesca e Robert sia un’esperienza preziosa e profonda che nemmeno la morte cancellerà.
Un giorno Francesca riceverà per posta la conferma dell’importanza degli indelebili giorni d’amore nella vita del fotografo, messosi da parte per rispetto e a cui dedicherà la propria morte, che sopraggiungerà serena, e le sue ceneri fluttueranno gettate tra i ponti di Madison County, in quel vento in cui nacque la passione ardente con Robert.
Allo spettatore e ai figli di Francesca il compito di dare cittadinanza a uno sguardo sui sentimenti e sulle scelte umane che li sconvolge e non può più lasciarli indifferenti. Un proposito che Clint Eastwood insegue con il suo cinema, film dopo film, con I ponti di Madison County raccontando l’esperienza di una donna che non ha potuto seguire i suoi sogni di ragazza, ma che quei sogni li ha avuti e che si è trovata dinanzi al conflitto tortuoso tra responsabilità e desideri.
La vicenda del conflitto tra ordine precostituito e la natura istintuale degli individui, che attraversa la filmografia dell’autore-attore, qui si innalza tra temperature romantiche e bagliori crepuscolari struggenti, e pur riconoscendo l’importanza della razionalità per il funzionamento della vita quotidiana, Eastwood afferma la necessità del cambiamento, dell’evoluzione, che può apparire anche potenzialmente distruttiva.
Il soffio vitale che diventava egocentrica ossessione nel personaggio di Cacciatore bianco, cuore nero, adesso manda un messaggio di disordine passionale e lancia promesse di cambiamento a un’umanità prigioniera della routine. Un aspetto che Eastwood rivendica anche cinematograficamente, attraverso film che non mancano di porsi come gemme inaspettate di una maturità che si vuole portatrice di chiaroscuri e dove il suo antieroe ritorna a sondare i territori di confine tra gli ingranaggi del potere e la vita dei cittadini.
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