La seconda metà degli anni Settanta si rivela il periodo della massima affermazione commerciale dei film di Clint Eastwood.
Al personaggio del texano dagli occhi di ghiaccio che piace molto al boxe office, Eastwood affianca la riproposta dell’ispettore Callaghan con il film Cielo di piombo, ispettore Callaghan (The Enforcer, 1976), che inevitabilmente risente degli aggiornamenti dell’universo dell’attore-regista, apparendo Harry “la carogna” nel terzo film della serie ancora più isolato e meno roccioso rispetto al passato. Ma è con L’uomo nel mirino (The Gauntlet, 1977) che Eastwood delinea un personaggio che è come la prova del nove dello statuto eroico dell’ispettore Callaghan. Dove quest’ultimo confligge con i superiori e con il sistema e nel suo lavoro solitario conserva un alone utopico seppure venato di disincanto, il detective alcolizzato della polizia di Phoenix Ben Shockley, il quale non metterebbe mai in discussione un comando dei superiori, si ritrova ad essere parte di un gioco di potere più grande e pericoloso di quanto potesse immaginare, lui animato da sogni piuttosto ordinari come mettere su famiglia o risolvere un caso importante.
Per la prima volta Eastwood dirige un poliziesco, anche se L’uomo nel mirino, girato nel deserto tra l’Arizona e il Nevada e costato cinque milioni di dollari di cui un quinto impiegati negli effetti speciali per le celebri sparatorie, fonde in realtà il western e il poliziesco, cioè i due perni su cui si sta edificando la parabola cinematografica di Eastwood, definendosi come un film in grado di ritrovare la fusione di motivi e tratti di entrambi i generi declinati nella dimensione del road movie con punte catastrofiche. Tra complotti e misteri da risolvere, il poliziotto dal carattere burbero e dipendente dall’alcol diventa assai meno granitico nel rapporto che finisce per vivere con la giovane prostituta Gus Mally (Sondra Locke, qui per la prima volta nel ruolo da protagonista in un film del compagno), la quale da Phoenix deve essere accompagnata a Las Vegas per partecipare come testimone al processo contro un potente gangster della zona.
La giovane è intelligente e dalla parlantina sciolta e inaspettatamente Ben, che nel suo lavoro è visto come uno sprovveduto, viene messo alla prova da lei. Ben è inizialmente riluttante perché non vuole viaggiare, ma accetta l’incarico nella speranza che si risolva nel minor tempo possibile. Eppure proprio l’incontro con la donna permette a Ben e al film di sciorinare bassezze e prevaricazioni che contornano la vita della prostituta: dalle parole con cui Gus attacca il poliziotto pornomane sull’auto alle prepotenze di Ben nei confronti dei motociclisti hippie, la commedia dei sessi porta all’esibizione paradossale di un universo di violenze da cui occorre liberarsi attraverso la condivisione di momenti in cui Gus e Ben scoprono di essere fondamentali l’una per l’altro e di voler arrivare sani e salvi in tribunale per dare voce, a modo loro, alla giustizia. Ben prova ammirazione per lei e presto diventa evidente che nessuno vuole che la donna testimoni al processo. La coppia si ritrova in costante pericolo di vita, inseguita dalla Mafia, e inizia una fuga che nella successione di iperboli catastrofiche (la casa funestata dalle pallottole che finisce per implodere, il pullman trivellato di colpi che attraversa la città come un’atavica testuggine di guerra) restituisce una paradossale risposta al sogno sbiadito con gli anni del poliziotto Ben il quale voleva un grande caso e pensava adesso che scortare la prostituta a Las Vegas potesse essere soltanto l’ennesima pagina sterile della sua carriera.
Ben dovrà ricredersi dando il meglio di sé ma vivendo soprattutto le spinte e le provocazioni della donna che gli riversa addosso frasi come pallottole e che mettono fortemente in discussione la convinzione preconfezionata del superpoliziotto. “Sai ragionare solo con la pistola” oppure “Come tutti gli imbecilli”, sono rimproveri che arrivano a Ben il quale non nasconde punte di ordinaria insensatezza, come quando nel pieno del politicamente scorretto viene mostrato da Eastwood come l’arrogante che si permette di mandare via i pacifici motociclisti hippie incontrati lungo il cammino sfoderando impunemente contro di loro un prepotente cinismo (“non lo sapete che ho diritto di fermarvi quando mi pare e piace?”). L’uomo nel mirino, inizialmente scritto per Marlon Brando e Barbra Streisand, coinvolti per interpretare i due attori protagonisti, vede poi la defezione di Brando e l’arrivo di Steve MacQueen, disposto a prendere il posto del protagonista; tuttavia la difficile relazione tra MacQueen e Streisand porterà entrambi a lasciare il progetto che verrà accolto da Eastwood desideroso di mettersi anche dietro la macchina da presa e alla prova per un film poliziesco. Al suo fianco, per la seconda volta insieme in un film, svetta Sondra Locke nel ruolo di Gus Mully, a formare una coppia cinematografica che nella vita privata è già legata da un paio di anni.
Per il suo film Eastwood intercetta una tendenza del nuovo cinema americano in cui le esibizioni pirotecniche, le sparatorie prolungate che fanno crollare la casa di Gus e trasformano in un bolide sacrificale il pullman nel gran finale, troveranno in Spielberg e John Landis e in titoli come 1941 – Allarme a Hollywood (1941, 1979) e in The Blues Brothers (Id., 1980) i titoli più scopertamente affini. La tendenza catastrofica e derisoria si accompagna alle coloriture iperrealiste che soprattutto nel finale la fotografia di Rexford Metz riconduce a manifestazioni simbolicamente allusive. Un inquietante orizzonte di falsificazione del reale fa da contesto alla coppia Ben e Gus, che dopo aver attraversato le strade vuote di Phoenix si ritrova, oltre la sparatoria in cui si sono attivati centinaia di poliziotti, in una sorta di resurrezione in cui Gus ridesta il tramortito Ben e gli permette di rialzarsi accompagnandolo tra la folla silenziosa dei poliziotti. In questo surreale teatro di dettagli realistici che fonde la screwball comedy alle inquietudini di uno scenario urbano distopico, Ben è nettamente colui che non avrebbe potuto arrivare a questo punto senza Gus.
È lo stupido anti-eroe senza utopia che si ritrova però dalla parte delle persone vere, i cui sogni e i cui desideri sono continuamente messi sotto scacco, interrotti o rinviati, come succedeva ad esempio nel cinema di Howard Hawks. Poco importa che Eastwood parteggi o meno da questo personaggio. Significativo anzi che lo porti in scena, ne smascheri i limiti e le prepotenze declinando il rapporto Ben-Gus a tutto vantaggio della definizione del personaggio femminile, che nella gustosa interpretazione di Sondra Locke diventa il motore vitale di una provocazione e di una guerra dei sessi che alimenta la connotazione di anti-eroe di un personaggio che lo stesso Clint Eastwood definirà come “dumb” e che lei cerca di smontare nei tratti di ostinazione che lo fanno apparire un cocciuto tassello di un mondo di cui ignora le paradossali follie. E proprio di follia, sociale e sistemica, si occupa L’uomo nel mirino, i cui sbandati Gus e Ben divengono i combattenti paradossali, pronti a sgomitare e riemergere, trascendendo i confini del verosimile con note di leggerezza che suggeriscono la via estetica-artistica-esperienziale da cogliere per affrontare anche con una certa spavalda allegria questo inferno in terra.
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