Potere assoluto (Absolute Power, 1997), vede il regista Clint Eastwood qui anche attore nei panni del ladro professionista Luther Withney, intento a introdursi nella residenza del miliardario Walter Sullivan, sostenitore del Presidente in carica, per compiere un ricco furto di gioielli nel suo caveau. Durante l’azione, Withney, che si trova nella camera blindata celata da uno specchio, assiste come un inerte e meravigliato spettatore all’incontro amoroso clandestino tra la moglie di Sullivan e il Presidente degli Stati Uniti Alan Richmon interpretato da un perfido e memorabile Gene Hackman.
Un avvio modulato con intelligenza cinematografica eccelsa, in cui Eastwoood dà prova di una maturità registica modulata sulle corde del thriller. L’abitazione si rivela essere l’inaspettato ritrovo di un individuo il cui potere lo pone al di sopra persino dell’amante che finisce per assassinare. E con un sospiro teso e voyeuristico l’avvio del film è folgorante nel contrapporre due individui che non si vedono: il ladro gentiluomo la cui durezza è accompagnata dallo sdegno e da un antico senso di giustizia (Eastwood) e il presidente che non conosce codici d’onore (Hackman) ma è il potente senza scrupoli che darà il via a una caccia contro l’involontario testimone dell’omicidio.
Eastwood impagina il film con eleganza, seguendo progressivi cambiamenti attorno alle sue tematiche predilette in un gioco via via più coinvolgente che si appoggia sulla semplicità di una rivisitazione del thriller dove ciò che viene visto e scrutato dal protagonista diventa portatore di pericolo sino all’escalation che andrà a coinvolgere il personaggio sul piano personale. La storia di Luther Withney è ammantata di fascino e mistero, e in lui risuonano aspetti di quegli uomini, nonostante tutto, integerrimi, che il cinema del regista americano ci ha fatto conoscere, con l’aggiunta di una sottolineatura autoironica che lo distingue dal coro e con un tratto emotivo di intenso pathos. Il grande sentimento che lega il personaggio alla vita è infatti quello della paternità. Il ladro gentiluomo ha una figlia (Laura Linney), contraria al passato stile di vita del padre, che si accorge di essere stata sempre oggetto delle attenzioni di quest’uomo inafferrabile, magicamente assente eppure sempre fantomaticamente presente nella sua vita.
Tra gli ingranaggi del potere assoluto, il ladro si trova ad essere depositario di uno sguardo scomodo, che Eastwood accompagna con un impeto depalmiano e conduce in una riflessione sul voyeurismo come condizione di una vita al cospetto di scenari di pura apparenza. L’apparenza dell’ufficialità del potere, che questa volta ha il volto di un possente Gene Hackman, al centro della compagine attoriale di un film teso a risvegliare nello spettatore il coinvolgimento polemico nei riguardi dell’establishement corrotto. Tra il ladro abituato come un gatto silenzioso a inserirsi nelle case dei potenti e a collezionare con gusto artistico le gemme dei suoi furti e il potente presidente degli Stati Uniti abituato a distribuire bugie si fa strada lo scontro di visioni che in Potere assoluto è fonte di una dialettica scoppiettante e tesissima tra il ladro e il padrone, tra una posizione rivendicativa e una oppressiva. Lo scontro tra il ladro caratterizzato da un suo codice d’onore e animato da profondo spirito di paternità e il potente divorato dal culto della sopraffazione tesse la trama di un confronto tra due modi di concepire l’esistenza che vede Eastwood dalla parte dello sguardo discreto, premuroso e investigante, e Hackman devoto a un fare prevaricante.
Il primo è un testimone compromettente abituato a vivere con sorvegliata distanza le sue passioni e i suoi sentimenti, il secondo abituato ad agire nella prevaricazione senza temere di venire scoperto.
Il campo dei sentimenti nobili appartiene all’antieroe eastwoodiano che in Potere assoluto possiede l’eleganza e la destrezza di un celebre personaggio hitchcockiano (John Robie “il gatto” di Caccia al ladro). La sua fedina penale finisce per essere più pulita della coscienza del Presidente americano, e questa lotta di un Bene contro un Male che non conosce giustizia è la vicenda di un ladro che ruba ai potenti e progetta di uscire definitivamente dal giro per poter essere il fuori campo premuroso e pieno di abnegazione per la figlia instradata sulla retta via.
Elegante riflessione sullo sguardo e sull’arte di vedere, Potere assoluto rappresenta il ritorno di Eastwood al cinema di genere rivisitato e reso vibrante dopo l’intenso I ponti di Madison County.
Il racconto si apre e si chiude su due riproduzioni d’arte che raccontano una rilettura della vita del personaggio, un padre che continua ad amare la propria figlia e a starle vicino sorvegliandola silenziosamente e di nascosto, premurosamente dedito a riempirle il frigorifero di cibo affinché lei si nutra a sufficienza, perché una madre e una compagna non ci sono ma il sentimento è tutto riversato sulle premurose attenzioni verso una figlia che non tollera la vita fuori dalla legalità del genitore.
La moralità corrotta del potere assoluto si confronta con lo sguardo del ladro che non si vuole uno stinco di santo ma che è un altro indimenticabile personaggio eastwoodiano accompagnato sapientemente da una regia rigorosamente tesa a diminuire, a sottrarre, dopo la magistrale pagina di pienezza sentimentale de I ponti di Madison County.
L’America prediletta, in Potere assoluto, non è certo quella del potere corrotto, e nemmeno quella del ritiro pacifico degli antieroi pronti all’anonimato silenzioso. L’America prediletta è quella scomoda, amara, non riconciliata di Luther Withney, che si ritrova sotto scacco ma non piegato e che con il suo ritorno si ribella a un potere corrotto incitando a prendere coscienza. A risollevare il proprio punto di vista a favore di un cambiamento che scardini le prevaricazioni dell’ordine irrigidito e denunci le gesta di individui discutibili. Tra questi svetta in Potere assoluto il Presidente che in TV racconta una versione dei fatti inaccettabile per chi, come il ladro testimone, conosce veramente come stanno le cose.
Lascia un commento