Comincia un nuovo anno e torna la vita frenetica che avevamo accantonato durante le festività natalizie, per questo è necessario leggere qualcosa di breve e leggero per riprendere il ritmo quotidiano ma che al tempo stesso disponga di materiale su cui riflettere. L’unità di Ninni Holmqvist, fa proprio al caso nostro.
Un giorno di inizio primavera Dorrit, scrittrice cinquantenne single e senza figli, viene accompagnata all’Unità. D’ora in avanti vivrà lì. Quello che la accoglie è un luogo idilliaco, almeno in apparenza: una struttura all’avanguardia dotata di eleganti appartamenti immersi in splendidi giardini, dove vengono serviti elaborati pasti gourmet e ci si può dedicare alle più svariate attività. I residenti sono accomunati da una caratteristica: non hanno figli né una vita sentimentale stabile. Finalmente libera dal giudizio sociale che ha sempre percepito come un peso, Dorrit è felice di poter fare amicizia con persone come lei. Ma c’è un prezzo da pagare: gli ospiti dell’Unità, chiamati “i dispensabili”, si trovano lì per un motivo ben preciso. Faranno da cavie per una serie di test farmacologici e psicologici, per cominciare, e poi doneranno i loro organi, uno per uno, fino alla cosiddetta “donazione finale”. Anche loro, così, saranno utili alla società: si sacrificheranno per chi, nel mondo fuori, è genitore. Dorrit è rassegnata al suo destino e desidera soltanto trascorrere i suoi ultimi giorni in pace, ma presto incontra un uomo di cui si innamora follemente, e l’inaspettata felicità da cui è travolta la costringe a ripensare ogni cosa.
Questo libro è breve ma potente, a tratti spaventoso perché sembra una realtà non troppo lontana dalla nostra. Questa società e questo modo di vivere ci stanno trasformando sempre di più in lupi solitari. La ripresa della normale vita sociale post pandemia non è stata più quella di prima e l’essere umano ha iniziato a diventare più egoista e meno incline ad aiutare il prossimo, per quanto invece in pandemia sembrava soccombere alla solitudine. Sempre più persone decidono di non avere figli per motivi più che comprensibili ma questa scelta viene vista come una forma di egoismo dalla collettività perché se tutti smettessero di fare figli si arriverebbe all’estinzione in poche decine di anni.
Probabilmente ho sempre creduto che la mia vita mi appartenesse. Che fosse qualcosa di cui dispongo liberamente e su cui nessun altro può rivendicare alcun diritto o avere opinioni al riguardo. Ma ora ho cambiato idea. Io non sono affatto padrona della mia vita.
Prima c’era più partecipazione collettiva nell’aiutare il più debole, sia emotivamente che materialmente, ora invece si pensa prima a se stessi e poi al prossimo. Nessuno vuole più aspettare, tutti vanno di corsa e vogliono venire prima degli altri, questo atteggiamento tende a far preferire sempre di più l’isolamento sociale perché considerato un porto sicuro dove sentirsi bene e quindi, per quanto in pandemia si desiderasse uscire per frequentare i propri simili, ora l’individuo cerca di tornare quanto più gli è possibile a quello stato di comfort che ha lontano dalla società.
Questa preferenza dell’isolamento però porta con se delle enormi conseguenze e ciò che fa Ninni Holmqvist con L’Unità è proprio mostrare uno dei probabili scenari futuri di queste decisioni.
L’umanità è a rischio di estinzione, si fanno pochi bambini e la famiglia va preservata ad ogni costo e preferita a tutto il resto. I single per scelta o per casualità devono, per legge, immolarsi per un bene collettivo superiore e rendersi dispensabili a coloro che ne avranno più bisogno, ovvero chi ha dei figli o una relazione stabile, chi è un personaggio pubblico importante o chi svolge un lavoro utile per la società.
La gente mi diceva spesso che ero forte e io consideravo quelle parole più come un modo per respingermi che un complimento – o qualunque cosa fosse. Perché sapevo, e so, che non esistono persone forti. Tutte le persone sono deboli. Alcune possono essere più indipendenti di altre, ma questo non significa che siano forti.
Lo stile di scrittura dell’autrice è semplice ma preciso, le descrizioni dell’Unità rendono perfettamente l’equilibrio che c’è tra la perfezione apparente di questa struttura bellissima e luminosa e l’oscurità che nascondono i suoi sotterranei dove i dispensabili vengono utilizzati come cavie da laboratorio e non solo.
Il racconto è molto scorrevole e ben costruito. Il genere distopico ultimamente sta spopolando ma spesso ciò che viene raccontato è così lontano dalla realtà che il confine con il fantasy diventa molto sottile. L’Unità invece mantiene il lettore con i piedi per terra, lo lascia immedesimarsi in ciò che sta leggendo ma senza uscirne straziato perché per quanto questa realtà sembri non troppo lontana dalla nostra, la sua realizzazione è alquanto improbabile.
Questo romanzo resta una perfetta critica alla società attuale che sta valorizzando sempre di più gli individui solo in base alla loro produttività economica.
In sé la vita e l’esistenza non hanno nessuno valore. Non significano niente, neppure quelle degli individui utili. L’unica cosa veramente preziosa è ciò che produciamo. O meglio: il produrre – non importa nello specifico cosa – purché lo si possa vendere o archiviare. O preferibilmente entrambe le cose.
Autore: Ninni Holmqvist
Genere: Narrativa
Anno: 2024
Pagine: 276
Casa Editrice: Fazi
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