Se ne era andato alla fine di maggio, tante sceneggiature nel cassetto che non videro mai la luce e solo tre lungometraggi che erano riusciti ad arrivare nelle sale con sforzi sovrumani. Claudio Caligari aveva lasciato questa terra e il suo sogno di cinema il 26 maggio del 2015, mentre stava ultimando le riprese del suo capolavoro, Non Essere Cattivo. Sfiancato dalla malattia, consumato da quel tumore che lo abitava da tempo, era stato presente sul set fino all’ultimo, fino a quando il suo ospite sgradito non se l’era portato via per sempre lasciandolo con il rimpianto di avere realizzato così poco.

Il regista piemontese Claudio Caligari. Se n’è andato il 26 maggio del 2015
Valerio Mastandrea, che aveva recitato nel suo L’Odore della Notte, aveva amato quell’uomo intelligente e sensibile, il cui rigore era stato spesso scambiato da chi non parlava la sua stessa lingua per cattivo carattere. Quella di Mastandrea, consapevole tanto quanto lo era Claudio che ormai si trattava di una lotta impari contro il tempo e con i giorni che si divoravano inesorabili gli ultimi brandelli di vita del regista piemontese, aveva assunto il compito di riuscire a terminare il film come fosse una missione che lo impegnava su due fronti: quello di seguire il set e fare l’impossibile per recuperare il denaro che sempre mancava (aveva persino scritto una lettera a Martin Scorsese chiedendo il suo aiuto; non c’era mai stata risposta, ma quel gesto aveva spostato l’attenzione mediatica sulle difficoltà del film) e quello squisitamente affettivo di essere al capezzale dell’amico durante i giorni del suo ultimo duello con la malattia, quando era stato ricoverato a Milano per una cura sperimentale. La battaglia la vinse il cancro, ma l’eco mediatica ebbe il risultato di assicurare la partecipazione di Taodue, Rai Cinema, Kimera Film, cui si aggiunse lo stanziamento del ministero.

Luca Marinelli e Alessandro Borghi in una scena di Non Essere Cattivo
Claudio Caligari, dagli inizi della sua breve e sfortunata carriera (ci aveva lasciati a 67 anni), aveva scelto di schierarsi della parte del cinema di impegno sociale, quello di Rosi e di Petri (ma soprattutto di Pier Paolo Pasolini, Marco Ferreri e Marco Bellocchio) e aveva girato su vari supporti, anche amatoriali, numerose testimonianze documentaristiche, firmando nel 1976 il primo vero documento dedicato al mondo sotterraneo dei tossicodipendenti, Droga che fare? E questo quando ancora non se ne parlava apertamente, un po’ perché si voleva nascondere quella realtà e un po’ perché la società non aveva preso piena coscienza dell’enormità del problema. Erano gli anni della diffusione dell’eroina tra le giovani generazioni, pronte a rimpiazzare il vuoto degli ideali e della fine di un’illusione con l’oblio.
Completamente assorbito dal movimento politico di quegli anni, il regista gira nel biennio 1977-78 una serie di documentari sulle lotte studentesche e operaie del 1968: Lotte nel Belice, su una Sicilia arcaica e contadina; La Macchina da Presa Senza Uomo; La Follia della Rivoluzione e poi La Parte Bassa, girata a Milano nel periodo delle assemblee studentesche e divisa in due parti documentaristiche accompagnate da una storia di finzione.
Dobbiamo aspettare fino al 1983 per il suo primo e strabiliante lungometraggio, Amore Tossico, presentato fuori concorso a Venezia e seguito da un’ondata di critiche e polemiche. La veridicità del linguaggio di asciutto realismo, la supremazia del corpo e dell’istinto su una più artificiosa ricerca intellettuale, fa di questo film un unicum. Caligari aveva reclutato, con la sua consueta precisione perentoria, che non gli permetteva di fare una scelta senza averne una certezza assoluta, non attori professionisti ma i veri tossicodipendenti di Ostia, che non recitavano se stessi bensì i personaggi di una sceneggiatura. La ricerca sul linguaggio fu certosina, coadiuvata anche dai suggerimenti degli attori stessi. Il risultato è di un realismo dirompente ed elegiaco che, sì, fa sicuramente riferimento a Pasolini, anche per le ambientazioni, ma che rispetto al grande poeta e regista friulano preferisce l’immediatezza del corpo all’astrazione del pensiero. L’umanità è di ambedue i registi, e la giornata dei tossici, tutta spesa alla ricerca della roba per spertusà la venazza, si ripete implacabile e trattiene faticosamente la pietas fino all’epilogo, criticato da alcuni, che trova la sua forma in un registro di alta drammaticità.

“Amore Tossico” (1983)
Un intervallo immenso si frappone tra il primo e il secondo film, L’Odore della Notte, incentrato stavolta sul desiderio di riscatto dei borgatari romani: 15 anni di tentativi andati a male, dell’usuale calvario delle produzioni underground. Il film vede la luce nel 1998, anche stavolta presentato fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Gli attori sono Valerio Mastandrea, che proprio durante la lavorazione di questo film si legherà al regista in un’amicizia sincera e leale, Marco Giallini, Emanuel Bevilacqua e Giorgio Tirabassi. Accompagnato dalla voce fuori campo di Remo (Mastandrea), il film sottende una vena parodistica che ricorda la scrittura noir di Chandler. D’altra parte Caligari aveva una profonda conoscenza dei set italiani del genere, e non perde l’occasione per costruire un racconto drammatico infarinato d’ironia. Il regista indugia anche in un paio di citazioni da Taxi Driver. Rimane geniale il cameo di Little Tony, vittima di una rapina, che è costretto a cantare Cuore Matto e prende una stecca.

Una scena notturna di “L’Odore della Notte”
Sembra che Venezia torni nella vita artistica di Claudio Caligari per riconoscerlo sempre solo a metà. Anche il suo terzo e ultimo film, Non Essere Cattivo, parteciperà alla mostra del cinema nel 2015, ma come sempre fuori concorso. Sarà Valerio Mastandrea a portare a termine la postproduzione del film, che ora può essere presentato a testa alta per il mondo. Sarà candidato anche agli Oscar, e otterrà numerosi riconoscimenti.

Valerio Mastandrea protagonista di “L’Odore della Notte”
Trent’anni dopo Claudio Caligari era tornato a girare la vita dei tossicodipendenti sul Lido di Ostia, ma ormai tutto è cambiato. Sono cambiate le droghe, adesso sintetiche, sono cambiati i luoghi, irriconoscibili dopo tanto tempo che ha portato modernizzazione e alberghi a 5 stelle. Tanto cambiati che il regista sceglie di girare gran parte delle scene a Fiumicino.

Mastandrea e Caligari sul set di “Non Essere Cattivo”
Anche i tossici sono cambiati. Adesso c’è una disperazione nuova e più annichilente, e il film diviene ancora più politico. Per il ruolo dei due protagonisti, sempre individuati dall’instancabile Valerio Mastrandrea, vengono scelti Luca Marinelli e Alessandro Borghi. All’inizio Borghi avrebbe dovuto interpretare Cesare, e Marinelli essere Vittorio, ma dopo il provino, con un solo gesto della mano, Caligari fece capire che i ruoli sarebbero stati invertiti: Cesare-Marinelli e Borghi-Vittorio.
Come in tutti i film di Caligari gli attori sono sempre stupefacenti: Silvia D’Amico e Roberta Mattei sono più autentiche del reale, e la coppia formata da Luca Marinelli e Alessandro Borghi rende tangibile un’alchimia anche stavolta venata di una grande pietas che costringe ad amare i personaggi, aprendoci una ferita dentro ma anche suggeredoci una grande riconoscenza per quell’emozione malinconica e amara. Sì, va bene, un po’ come aveva fatto Pasolini. Caligari fa iniziare Non Essere Cattivo proprio come Amore Tossico: con un campo lungo del Lido di Ostia e la disputa per un gelato, e l’amore per le sue creature non sa esimersi da un umorismo puro, generato semplicemente dall’esagerazione paradossale che avvolge il mondo che vuole racccontare.
Non Essere Cattivo esce postumo. Caligari non farà in tempo a vederlo e saluterà il mondo con l’amarezza di aver lasciato in eredità molto poco. “Nella mia vita ho fatto solo tre film”, dirà con rimpianto.
Ma sono tre grandi film, tre capolavori che il sistema del cinema italiano forse non si meritava.
Lascia un commento