Il regista è Alberto De Martino e la casa di produzione è l’italianissima Titanus.
Che Hollywood abbia finalmente abdicato e, riconoscendo le incredibili qualità della produzione cinematografica italiana, abbia ceduto i diritti della serie di James Bond alla nostra italica patria? Molti avranno pensato questo nel lontano 1967, quando al cinema videro affisso il manifesto di Ok Connery, e letto la trama avvincente con un agente segreto assassinato e Miss Maxwell che si mette sulle tracce di miss Yashuko, la fidanzata alla quale l’agente segreto ha confidato sotto ipnosi delle informazioni.
Quindi divertimento garantito e poi c’è Adolfo Celi, che aveva appena partecipato a 007 Thunderball e in questo film tornava a fare il cattivo. E poi c’è M, c’è miss Moneypenny. Insomma, proprio gli stessi attori. Con Bond, James Bond, cioè Connery Sean Connery… Connery, a guardarlo bene, si somiglia ma…
Non ci si può credere, non c’è Sean Connery. Sì, gli somiglia, ma è Neal Connery, il fratello di Sean. E allora capiamo. Il film è un’imitazione, si una mera, brutta, ridicola imitazione. Una truffa, un falso, un “pezzotto”, come si direbbe a Napoli.
E allora si, raccontiamo questa storia dimenticata come tante altre della produzione di pezzotti cinematografici di James Bond. Decine e decine di film girati tra il 1965 e il 1969 sfruttando, un’ idea semplice. In fondo James Bond è un fumetto, un format, una struttura, lo si può fare con una grande produzione ma lo possiamo fare anche noi in piccolo. Meno scenari, meno azione, meno soldi ma basta uno “0” nel titolo, un tipo in smoking, una simil Bond girl e magari si acchiappa un po’ di pubblico distratto, che può non accorgersi della differenza. In fondo il pubblico è ingenuo. Ma è proprio così?
Secondo me no. James Bond e la serie 007 originale era tecnicamente già una sorta di parodia di film di spionaggio. Intanto poco c’entravano i romanzi di Fleming, fantasiosi sì, ma che non sono mai arrivati a immaginare un agente segreto che portasse lo smoking sotto la tuta da immersione.
Di fatto, 007 è lo stereotipo fumettistico, sognante e irreale di un immaginario collettivo che ha trasformato un lavoro invisibile, quello dei servizi di sicurezza e dei suoi impiegati – persone difficili, tristi, che fanno molte volte un lavoro d’ufficio, confuso e anche pericoloso – in un caleidoscopio di avventure fatto di sparatorie, inseguimenti e soprattutto molte donne.
Insomma, James Bond è il sogno sognato dell’agente ” Mario Rossi” che tutto il giorno sta davanti ad un pc, o all’epoca in un ufficio ad esaminare pile di documenti.
In questo senso, la serialità imitata degli agenti segreti nei “falsi” italiani non faceva male a nessuno. C’era uno 007 nel Regno Unito e da noi, invece, c’erano 077, 008 e 777. Che problema c’era? In fondo più o meno non facciamo tutti gli stessi sogni?
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