E’ con molto piacere che abbiamo avuto modo di intrattenerci in una stimolante chiacchierata con Ernesto Mahieux, simpaticissimo attore napoletano, classe 1946, che ha alle spalle una lunga carriera teatrale e cinematografica e che si è imposto all’attenzione del grande pubblico nel 2002 con il pluripremiato film di Matteo Garrone L’imbalsamatore.
Come tutti, ha vissuto anche momenti difficili, non solo per il suo metro e mezzo di altezza che sembrava incompatibile con la carriera d’attore e che invece è diventato un punto di forza, ma anche per la morte prematura del padre, di professione artigiano e che aveva sempre coltivato interessi musicali e teatrali che condizionarono non poco il piccolo Ernesto. Rimasto l’unico uomo di casa, abbandonò gli studi e cominciò una lunga serie di mestieri, stabilendosi per un po’ di tempo anche a Milano. Ma il suo vero pallino è sempre stata la recitazione. Gli inizi non sono stati facili ma oggi, all’età di settantatré anni, è un uomo e un artista appagato.
Il mio sogno è sempre stato quello di fare l’attore. Mi ero posto tre obiettivi nella mia vita: fare l’attore, sposarmi e avere dei figli. E li ho realizzati tutti. Nel momento in cui sono riuscito a calcare il palcoscenico e a diventare attore di professione ho realizzato un sogno proibito: proibito per via della mia condizione fisica, della mia bassezza (quasi un metro e cinquanta). Stiamo parlando di più di cinquant’anni fa, quando il prototipo dell’attore era alto, bello, biondo: pensiamo a Giacomo Rondinella, Massimo Girotti, Amedeo Nazzari, tutti uomini belli. Io in confronto a loro ero un microbo, potevo mai fare l’attore ? E invece ce l’ho fatta.
Dopo varie esperienze nel corso degli anni Settanta con il cabaret e la prosa, gli si presentò l’occasione di cimentarsi con la sceneggiata napoletana e volle farlo perché sapeva bene che tutti i migliori attori napoletani erano nati proprio da questo genere di teatro popolare. Ha lavorato prima con Nino D’Angelo in due allestimenti, Esposito Teresa e ‘A parturente, e poi è entrato nella compagnia di Mario Merola per tutta la prima metà degli anni Ottanta, sempre in ruoli comici, partecipando anche a tre suoi film che hanno rappresentato il vero debutto cinematografico di Ernesto Mahieux. Memorabile è la scena della partita a carte in Giuramento di Alfonso Brescia (1982), dove Mahieux straccia a scopa uno sbigottito Merola scucendogli centomila lire. Quando nel 1985 Antonio Calenda lo chiamò per recitare in uno spettacolo dal titolo Questa sera… Amleto, offrendogli la parte inizialmente pensata per Beniamino Maggio, Mahieux accettò con entusiasmo perché si trattava di un notevole salto di qualità, il suo primo personaggio di rilievo. Merola ci rimase male, ma capì ch’era una proposta che non si poteva rifiutare assolutamente.
Con Merola era bello lavorare sia in teatro che al cinema, perché Merola era un amico, una bella persona. Sono stati cinque anni meravigliosi. Il primo film con lui io l’ho fatto proprio per l’amicizia che ci legava. Lui mi stimava e mi voleva bene. In quel periodo stavamo lavorando insieme a teatro con la sceneggiata Chiamate Napoli 081, un suo grande successo. Mi disse che stava girando un film, Giuramento, e mi propose di andare sul set perché mi avrebbe fatto fare una cosa pure a me. Quindi quella scena è nata a soggetto, non c’era nel copione. Poi nei film Torna e Guapparia (entrambi diretti nel 1984 da Stelvio Massi – N.d.A.) feci due personaggi ben precisati, veri e propri ruoli.
Dopo aver recitato in pochi altri film e aver proseguito l’attività teatrale insieme a professionisti del calibro di Tato Russo e Giacomo Rizzo, con L’imbalsamatore Mahieux ha potuto affrancarsi dalla sua maschera comica interpretando in maniera sublime un personaggio complesso: Peppino Profeta, uomo ambiguo, solitario, affetto da nanismo, un tassidermista molto abile di cui anche la camorra si serve per estrarre la droga dai cadaveri utilizzati come nascondiglio per il narcotraffico, ma anche omosessuale latente con una forte e malcelata attrazione per un bel ventenne (impersonato dal modello Valerio Foglia Manzillo), conosciuto per caso e assunto come aiutante. La storia è ispirata a un fatto di cronaca e questo intensissimo ruolo è valso a Mahieux il David di Donatello come miglior attore non protagonista e il Globo d’Oro come migliore attore rivelazione. Da quel momento Ernesto Mahieux è diventato molto richiesto nel panorama nazionale, tanto che un articolo pubblicato su «La Repubblica» parlò di un “Mahieux, divo a 56 anni”. Oggi, proprio grazie allo strepitoso successo de L’imbalsamatore, può vantare una lunga filmografia.
La mia fisicità ha sempre condizionato, ovviamente, i miei ruoli. Pure L’imbalsamatore di Matteo Garrone, ch’è il film che mi ha dato tanta notorietà, che mi ha fatto diventare famoso, parla di un nano! Il vero imbalsamatore di cui parla il film, Domenico Semeraro, era un nano: era molto più basso di me, perché lui era un metro e dieci centimetri… in ogni caso, il successo che ho avuto con questo film era dovuto a un ruolo strettamente connesso alle mie caratteristiche fisiche.
Lavorare in quel film è stato meraviglioso, un’esperienza unica. Garrone mi ha dato l’opportunità di tirare fuori tutto il meglio di me. Non mi ha mai condizionato. Mi ha fatto fare cose che io non mi sarei mai aspettato di fare. Lui mi ha emancipato da tutti i miei tabù, mi ha reso disinibito…
Io e Garrone abbiamo trascorso un po’ di tempo insieme, abbiamo fatto delle passeggiate e delle lunghe chiacchierate, mi ha spiegato il personaggio, mi ci ha fatto entrare. Così, pian piano, è maturato il ruolo dell’imbalsamatore. Ma devo precisare che, com’è mia consuetudine, tratto tutti i personaggi sempre inserendo una parte di me stesso…
Non mi sarei mai immaginato che questo piccolo film, nato con un regista sconosciuto (perché all’epoca Garrone non era nessuno), con tre attori sconosciuti – io avevo alle spalle già trent’anni di carriera a teatro ma lo sapevano in pochi – potesse avere un successo così clamoroso. Ha fatto il botto!
Poi ci sono altri film che ho fatto e che amo molto: Chiamami Salomè di Claudio Sestieri (2005) che purtroppo non ha avuto successo, Fortapàsc di Marco Risi (2009) e tanti altri… Maccheroni di Ettore Scola (1985) mi ha dato enormi soddisfazioni, ho avuto l’occasione di lavorare con Marcello Mastroianni, Jack Lemmon, Isa Danieli…
La sensazione che abbiamo avuto è che Ernesto Mahieux sia davvero un uomo felice. Ha una moglie splendida e tre figli affermati in campo artistico che gli hanno dato tante soddisfazioni. Dirige una scuola di recitazione a Torre del Greco, «Vocazione Arte Vesuvio». Recentemente ha recitato in nuove produzioni per il grande schermo (Il sindaco del rione Sanità di Mario Martone, 2019; Attenti al gorilla di Luca Miniero, 2019; Il ladro di cardellini di Carlo Luglio, 2019; Anime borboniche di Paolo Consorti e Guido Morra, 2021). Nelle ultime stagioni teatrali prima della pandemia ha preso parte a Gli onesti della banda, una rivisitazione de La banda degli onesti messa in scena dalla compagnia del Teatro Nest, mentre al Nuovo Teatro Sancarluccio ha riproposto lo spettacolo Per una bomba in meno, in cui l’attore parla di sé, della propria vita e della propria carriera, raccontando aneddoti ed episodi significativi, come quello che dà il titolo allo spettacolo: i suoi genitori fecero un voto… se, a guerra finita, tornando a Napoli con la loro bambina avessero trovato ancora intatta la casa, avrebbero fatto un altro figlio! Così è nato Ernesto Mahieux.
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