La leggenda
Quanti sono ogni anno gli avvistamenti di pantere nere che si aggirano per le città del mondo quasi indisturbate, possibilmente sul far della sera o di notte, seminando preoccupazione e psicosi? Molti, moltissimi, anche nel nostro paese. Un felino esotico che sfugge alla custodia di un circo o di un privato non è certo un fenomeno sovrannaturale. Nel Regno Unito, per esempio, alcuni ritengono che si sia costituita una popolazione di grandi felini a causa del Dangerous Wild Animals Act del 1976: questa legge vietava infatti la detenzione di animali pericolosi e alcuni proprietari, non sapendo come disfarsene, avrebbero liberato leopardi, puma e pantere in natura.
La pantera nera però è piuttosto rara, si tratta infatti di un leopardo dotato di melanismo, ovvero di una pelliccia interamente scura. Certo, favoleggiando di eventuali selezioni naturali non sarebbe impossibile immaginare che il mantello nero sia quello che più favorisca la mimesi, soprattutto al di fuori della giungla e in ore notturne. Ancora meglio sarebbe poter assumere a proprio piacimento sembianze umane, allora sì che il travestitismo sarebbe perfetto. Come riconoscere e separare l’uomo dal felino?
Alle origini del film
Da questa suggestione parte Jacques Tourneur, regista francese naturalizzato americano, celebre per i suoi horror raffinati che hanno segnato la storia del cinema, nel 1942 dirige Cat People, cioè Il bacio della pantera. Nel 1993 Il bacio della pantera è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti poiché “culturalmente, storicamente o esteticamente importante”.
Questo film favoloso è intimamente legato anche al suo produttore: il russo, in seguito americano, Vladimir Ivan Leventon, in arte Val Lewton. Lewton fu il nipote di Alla Nazimova, il cui nome è inoltre legato alla figura di Rodolfo Valentino. Egli lavorò come assistente e story editor di David O. Selznik, collaborando in modo decisivo alla scrittura di quello che sarebbe stato fra i maggiori successi cinematografici di sempre: Via Col Vento. Nel 1942, fu eletto responsabile responsabile del reparto dei B-movies della casa di produzione RKO Pictures, nota universalmente per il logo di apertura dei film (il globo terrestre con in cima la torre radio). La RKO intendeva risollevarsi economicamente e commissionò a Val Lewton la realizzazione di una serie di film horror a budget ridotto (mai più di 150.000 dollari), della durata massima di 75 minuti. La prima di queste produzioni è appunto Il bacio della pantera. Seguiranno Ho camminato con uno zombi e L’uomo leopardo, entrambi del ’43.
Val Lewton, ingaggiato un amico scrittore, DeWitt Bodeen, insieme all’amico Tourneur e al montatore dell’epoca Mark Robson, s’incontrano tutti i giorni, alle quattro del pomeriggio, per discutere del film. Da quei confronti tra artisti, non specializzati in storie del terrore, nasceranno nuovi miti cinematografici del fantastico.
Baciami e ti graffierò a morte!
Proprio così recitava la vecchia locandina de Il Bacio della Pantera. La storia è infatti quella della bella e misteriosa Irena Dubrovna (Simone Simon), la quale, ritraendo una pantera nera, suscita l’interesse di un architetto americano, Oliver Reed (Kent Smith). Irena l’invita nel proprio appartamento per un tè, da una cosa ne nasce un’altra e i due giovani si ritrovano innamorati e sposati. Il giovane, sano e ingenuo americano, prima del grande passo, avrebbe dovuto prestare però più attenzione alla statuetta che Irina teneva sulla scrivania della sua stanza, e che rappresentava un leopardo trafitto dalla lancia di un eroe a cavallo. Secondo la leggenda, una demoniaca tribù invase il villaggio natale di Irena e convertì gli abitanti in seguaci del demonio. Quando re Giovanni cacciò la tribù pagana e vide ciò che erano diventati i residenti, li condannò a morte. Tuttavia “il più saggio e il più malvagio” di loro fuggì.
A poco a poco si comprende che Irena teme di essere una discendente della malvagia stirpe e che ha paura di trasformarsi in una pantera se travolta dalla passione, o sotto l’effetto di un bacio, che è naturalmente allusivo al sesso, che la giovane donna, anche durante il matrimonio, si costringe ad evitare.
“Ingenuamente” – ma guarda un po’ – il marito di lei confida pene e problematiche relazionali proprio ad Alice, sua bella assistente, anche lei una sana e brava ragazza americana, la quale, attratta da lui, non vede l’ora di poterlo consolare. Irina è straniera (ne sapevano qualcosa regista e produttore, entrambi naturalizzati americani), misteriosa, piena di lati oscuri, non è la moglie che Oliver si aspettava e viene prontamente spedita da uno psicologo, il dottor Judd. Ma anche quest’ultimo, forte della sua età ed esperienza, sottovaluta le problematiche della ragazza, tentando persino una goffa seduzione. La mancanza di deontologia professionale vedrà una punizione esemplare.
Irina invece sa ben valutare quanto pericolosa sia per il suo matrimonio l’assistente del marito e in preda alla gelosia segue le orme della giovane donna, trasformandosi via via in quella creatura mostruosa che aveva cercato di esorcizzare, e dando vita ad alcune delle scene più celebri del cinema horror, quella dell’inseguimento nel buio e in seguito della piscina. Irina, non potendo raggiungere nell’acqua la sua vittima, ne lacera, con unghie da animale, l’accappatoio.
la tecnica Lewton bus
Lewton e la sua squadra di produzione ebbero il merito di aver inventato la popolare tecnica dei film horror chiamata “bus” (“Lewton bus”), in seguito usatissima. Il termine viene dalla scena nella quale Irena sta camminando dietro Alice. Lo spettatore si aspetta che Irena si trasformi in una pantera all’improvviso e la ghermisca. Nel momento di maggior tensione, quando la cinepresa inquadra il volto confuso e spaventato di Alice, il silenzio è infranto da un suono simile al sibilare della pantera, mentre si tratta dell’autobus che accosta per farla salire. Dopo che l’emozione scompare, il pubblico resta incerto se è accaduto realmente qualcosa di sovrannaturale o meno. Questa tecnica è stata adottata in molti film horror da quel momento in poi. Ogni volta che il film crea una scena nella quale la tensione sale e muore con un nulla di fatto, quella scena è un “bus”, un Lewton bus.
Il bacio della pantera
Il bacio della pantera, considerato mediocre dai critici alla sua uscita, è un film magico e ammaliante, proprio come la sua protagonista, dotata di una sensualità dolce e felina. Simone Simon era già stata personaggio principale, col suo volto angelico ma seducente ne L’angelo del male (La Bête humaine), per regia di Jean Renoir nel 1938. Anche lì l’attrice risultava innocente carnefice ed inevitabile vittima di una forza bruta, una maledizione antica che non poteva sovrastare.
Caratteristica de Il bacio della pantera, come in tutti i film di Tourneur, è la percezione del male, persino il più violento e feroce, che non viene però quasi mai mostrato e rivelato, in un crescendo di suspance che cattura ed affascina lo spettatore. In anni di grande censura, in cui si dovevano evitare tutte le situazioni ambigue e con richiami al sesso, Tourneur dà vita ad un film denso di sensualità repressa ed esplosiva, ben incarnata dal terribile felino. A ben guardare, “i buoni” del film, sono un marito al limite dell’infedeltà e la sua confidente e seduttrice, nonchè un medico che anzichè curare, fa delle chiare proposte sessuali ad Irina. “La cattiva” e strana (e straniera) Irina è una ragazza innocente e senza colpe, se non quella di cercare di avere una vita normale.
Tourneur con le parole dice una cosa e al contempo il suo contrario, in modo sottile e quasi subliminale, affermando dei principi che vengono però rovesciati dall’evidenza, facendo arrivare allo spettatore l’immagine di un mondo perverso e distorto, che risulta disturbante proprio dove vorrebbe rassicurare, mentre affascina e suscita compassione, proprio dove dovrebbero esserci solo mostruosità e terrore. La censura è aggirata, senza nessuno scandalo. Il capolavoro è stato creato.
Il film ebbe anche un seguito nel 1944, Il giardino delle streghe (The Curse of the Cat People) e un interessante remake del 1982 diretto da Paul Schrader.
Lascia un commento