“Libertà per me significa non avere paura” dichiarava Nina Simone, pseudonimo di Eunice Kathleen Waymon, una delle più grandi cantanti jazz di tutti i tempi, pianista, scrittrice e attivista per i diritti civili, nata nella Carolina del Nord nel 1933.
“Mia madre era Nina Simone 24 ore su 24, non solo sul palcoscenico. Quando era sola, era piena di furore e rabbia per le ingiustizie e per questo rischiava spesso di andare in pezzi” dichiara la figlia, nel bellissimo documentario biografico del 2015 What happened, Miss Simone? disponibile su Netflix, che analizza la complessa e potente personalità dell’artista attraverso testimonianze, diari, filmati di repertorio e molta musica, attraverso tutta la sua vita.
Nina Simone inizia a suonare il piano a 3 o 4 anni, la mamma era una predicatrice e suonare il piano in Chiesa fu una cosa naturale. La musica era intensa e lei ne veniva trascinata completamente. A quell’epoca risalgono le prime esibizioni, che attirarono l’attenzione di un’insegnante di piano, che insistette per darle lezioni. Era un’insegnante bianca e per questo la intimoriva. La donna era convinta che questa bambina prodigio sarebbe diventata una grande pianista e fece di tutto per raccogliere fondi per farla studiare. Le fece conoscere Bach ma soprattutto coltivare il sogno di diventare una pianista classica, la migliore. Lo studio la fece restare esclusa sia dalla comità bianca che da quella nera. L’isolamento della sua infanzia fu causato anche e soprattutto dal colore della sua pelle.
Dopo gli studi a New York, fu rifiutata da una scuola di musica perchè nera, nonostante il grande ed evidente talento. Iniziò quindi a lavorare in un bar che non esita a definire schifoso. Indossava sempre un abito lungo e suonava il piano. Il proprietario le disse che se voleva tenersi il lavoro avrebbe dovuto anche cantare e così avvenne la sua prima esperienza di esibizione come cantante, per guadagnare qualcosa e potersi mantenere. Eunice Kathleen suonava nei bar per mantenere la sua famiglia e potersi pagare le lezioni di pianoforte ma non voleva che sua madre sapesse che suonava la musica del diavolo e così cambiò il suo cognome in Simone, come l’attrice Simone Signoret.
Il suo successo fu immediato, in continua ascesa, e quello che sarebbe diventato il suo futuro marito assunse anche il ruolo di agente musicale. La vita per Nina Simone poteva sembrare perfetta, dopo la nascita della figlia, ma un fuoco le ardeva dentro, una continua ricerca di un senso piu alto, forse di quella carriera da pianista classica che avrebbe meritato e che non le era stato permesso intraprendere. Ma furono proprio queste sue peculiarità, cioè il talento da musicista e la voce bassa e al contempo femminile, che la resero unica nel suo genere: un’artista vibrante e intensa, sempre alla ricerca coraggiosa di qualcosa che perennemente sgugge. Il compagno/agente era violento, geloso, la picchiava, la costringeva a ritmi di lavoro estenuanti, per guadagnare sempre più soldi e spianarle la strada del successo. L’artista era spesso nervosa, stanca, ma al contempo polemica e perfezionista. Quando un grave fatto di cronaca sconvolse l’America nera, con la morte di alcuni bambini, Nina Simone scrisse una canzone furibonda e politica, Mississippi Goddam, nella quale gridava: “Maledetto Mississippi!” Nessuno aveva mai osato dire una cosa simile, le imprecazioni non erano mai esistite prima in una canzone e le radio si rifiutavano di trasmetterla.
La sua partecipazione come attivista va di pari passo con le manistestazioni per i divitti civili dei neri americani. Ad una famosa manifestazione dell’epoca c’erano Martin Luther King, Sidney Poitier, Bill Cosby, Hary Belafonte, e fu suonata la canzone Mississippi Goddam. A Nina Simone durante l’esibizione di quella canzone salì una rabbia tale che cambiò per sempre la sua voce, che da quel momento in poi non tornò più alla sua ottava originale – così racconta la figlia. Energia, creatività, passione, ma anche molta rabbia, sono le fonti che guidarone le scelte artistiche di Nina Simone in quel periodo. Tutte le ingiustizie e le discriminazione vissute, fin dalla più tenera età, da lei e dal popolo nero americano, erano state braci che avevano covato sotto la polvere e che ora deflagravano. “Un uomo nero che parla, che si ribella, è un uomo nero morto” questa era stata fino ad allora la regola silenziosa di una popolazione che aveva subito umiliazioni e che per sopravvivere doveva lavorare duramente, a testa bassa e in silenzio.
La prima percezione della discriminazione avvenne quando, bambina, ad una sua esibizione, fu chiesto ai suoi genitori di sedersi nelle ultime file, perchè neri.
“Questo è il mio compito, questo è il mio ruolo, in questo periodo così difficile e doloroso. Se sei un artista, come fai a non essere lo specchio dei tempi?” dichiara con decisione la Simone, che un’artista e una ribelle lo è stata davvero, sia per il suo immenso e originale talento che per la capacità di trasformare sofferenza e ingiustizie in energia creativa, in musica infuocata che scuote le viscere e fa vibrare l’anima. Una donna che non ha mai conosciuto ipocrisia e retorica, dalla sensibilità esasperata e che ha pagato in prima persona il prezzo delle scelte anticonformiste dei suoi ultimi anni.
“Voglio entrare in quel covo di elegantoni dalle idee obsolete e fuori dal tempo e farli impazzire” perchè “Libertà per me significa non avere paura” (Nina Simone)
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