Dopo il grande successo de La canzone di Achille, Madeline Miller torna a far sognare gli appassionati di mitologia con Circe.
Lo stile della Miller è originale, insegnante di greco e latino e con un dottorato in lettere classiche alla Brown University, riesce a raccontare la biografia di personaggi mitologici noti a tutti, in un modo assolutamente unico.
Nacqui quando ancora non esisteva nome per ciò che ero. Mi chiamarono ninfa, presumendo che sarei stata come mia madre, le zie e le migliaia di cugine. Ultime fra le dee minori, i nostri poteri erano così modesti da garantirci a malapena l’immortalità.
Ci sembra di sapere tutto della storia di Circe, la maga raccontata da Omero, che ama Odisseo e trasforma i suoi compagni in maiali. Eppure esistono un prima e un dopo nella vita di questa figura, che ne fanno uno dei personaggi femminili più fascinosi e complessi della tradizione classica. Circe è figlia di Elios, dio del sole, e della ninfa Perseide, ma è tanto diversa dai genitori e dai fratelli divini: ha un aspetto fosco, un carattere difficile, un temperamento indipendente; è perfino sensibile al dolore del mondo e preferisce la compagnia dei mortali a quella degli dèi. Quando, a causa di queste sue eccentricità, finisce esiliata sull’isola di Eea, non si perde d’animo, studia le virtù delle piante, impara a addomesticare le bestie selvatiche, affina le arti magiche. Ma Circe è soprattutto una donna di passioni: amore, amicizia, rivalità, paura, rabbia, nostalgia accompagnano gli incontri che le riserva il destino – con l’ingegnoso Dedalo, con il mostruoso Minotauro, con la feroce Scilla, con la tragica Medea, con l’astuto Odisseo, naturalmente, e infine con la misteriosa Penelope. Finché – non più solo maga, ma anche amante e madre – dovrà armarsi contro le ostilità dell’Olimpo e scegliere, una volta per tutte, se appartenere al mondo degli dèi, dov’è nata, o a quello dei mortali, che ha imparato ad amare.
Se la mia infanzia mi aveva insegnato qualcosa, era la resistenza. Un po’ alla volta cominciai ad ascoltare meglio: la linfa che scorreva nelle piante, il sangue che mi fluiva nelle vene. Imparai a comprendere meglio i miei intenti, a sfrondare e ad aggiungere, a sentire dove si annidava la potenza e a pronunciare le parole giuste perchè si esprimesse al massimo. E io vivevo proprio per quel momento, quello in cui tutto diventava finalmente chiaro e il sortilegio riusciva a cantare con la sua nota più pura, per me e per me sola
La storia è raccontata tutta in prima persona ed è Circe stessa a dirci cosa le è accaduto, dalla sua nascita al suo esilio sull’isola di Eea. Ci racconta del suo primo amore a causa del quale è stata esiliata dal padre e come ha conosciuto gli altri uomini che sono finiti sul suo cammino: il dio Ermes, l’ingegnoso Dedalo e lo scaltro Ulisse. Quello che abbiamo sempre saputo su Circe sono le poche pagine che le ha dedicato Omero nell’Odissea, che ce la presenta come una grande maga potente e pericolosa. Grazie a questo romanzo possiamo immaginare che ci sia stato molto di più dietro, vediamo come una semplice ninfa determinata e curiosa non accetti di essere sopraffatta dagli dei e inizia da sola ad apprendere la magia e a padroneggiarla anno dopo anno attraverso la natura, connettendosi a lei sull’isola. Circe è una donna determinata, potete e risoluta, ma al tempo stesso è anche fragile e l’umanità è una sua grande debolezza.
Non me ne starò come un uccello in gabbia, pensai, troppo stordito per volare via anche con la porta aperta, entrai in quel bosco e la mia vita ebbe inizio.
Il finale è perfettamente coerente con tutta la narrazione e questo è uno di quei libri che, una volta chiusi, lascia il lettore profondamente appagato perché tutto è stato detto, nulla è stato lasciato al caso e tutti gli eroi hanno avuto il loro giusto spazio tra i capitoli.
Autore: Madeline Miller
Genere: Narrativa mitologica
Anno: 2021
Pagine: 416
Casa Editrice: Marsilio
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