Questa settimana con la nostra rubrica vi portiamo nel cuore della vita rurale americana tra colpe, fede ed oscurità con Chi ha peccato di Anna Bailey.
Etichettato come thriller psicologico, già dalle prime pagine appare chiaro che l’intento dell’autrice va oltre il semplice intrattenimento perché vuole scandagliare il cuore oscuro di una piccola cittadina americana, affacciandosi nei meandri del fanatismo religioso, l’omertà sociale e le fragilità adolescenziali.
Abigail Blake ha diciassette anni e, come tutte le ragazze della sua età, si crede immortale.
È notte fonda quando Emma lascia la sua migliore amica Abigail alla festa alle Tall Bones, il ritrovo nel bosco in cui si danno appuntamento gli adolescenti della cittadina di Whistling Ridge, in Colorado. È l’anno del diploma ed Emma è convinta, come la maggior parte delle ragazze della sua età, che la loro vita sia solo all’inizio. Invece entro la fine della settimana il volto di Abigail sorriderà dai volantini attaccati ai pali del telefono. Samuel Blake, il padre di Abi, perlustrerà il bosco con la polizia urlando invano il nome della figlia. Suo fratello Noah si strofinerà via le macchie di fango dai jeans fino a scorticarsi le mani ed Emma nasconderà sotto il letto l’acqua ossigenata con cui avrebbe dovuto tingere i capelli dell’amica. Dolly, la madre di Abi, riuscirà solo a fissare la grande croce sul muro di casa, fumando una sigaretta dopo l’altra, terrorizzata all’idea che sia già troppo tardi per fermare la catena di eventi che si è innescata. Tutti hanno dei segreti a Whistling Ridge. Tutti hanno peccato, come tuona ogni domenica dal pulpito il pastore Lewis. Ma cosa è successo ad Abi? Chi è il vero colpevole? Con un ritmo fulminante e una sapiente costruzione della suspense, Anna Bailey porta a galla le dinamiche di certe piccole e claustrofobiche città di provincia, dove ogni tipo di diversità è bandito. E capitolo dopo capitolo inchioda il lettore in un gioco micidiale di sospetti e bugie, fino all’ultima pagina.
La colpa è un cadavere difficile da seppellire, anche se continui a ripeterti che Dio ti ha perdonato. A tempo debito, certe carcasse mettono denti e artigli ed escono dalla loro fossa.
Lo stile è teso, asciutto ma allo stesso tempo carico di suggestione. Le descrizioni della natura opprimente e minacciosa, rispecchiano lo stato d’animo dei personaggi, quasi a suggerire che il paesaggio stesso partecipi alla corruzione morale che avvolge la cittadina. Ogni frase ed ogni dialogo hanno un forte peso e portano avanti un discorso più grande sulla colpa e sul silenzio.
Il romanzo affronta temi forti come il fondamentalismo religioso, la repressione sessuale, l’abuso domestico e l’omofobia. La comunità in cui si svolge la vicenda è profondamente conservatrice, mossa da un cristianesimo rigido e punitivo che non ammette deviazioni da una presunta normalità. In questo contesto Abigail è una presenza ingombrante e scomoda perché giovane e ribelle che non si conforma alle aspettative e per questo viene prima emarginata e poi fatta sparire.
Intorno a lei si muovono personaggi complessi e umani come Emma, l’amica che cerca la verità con rabbia ed ostinazione. Noah, il ragazzo fragile che nasconde la sua omosessualità in un ambiente ostile. L’agente Ratcliff, incapace di liberarsi dalle catene del pregiudizio. Ma è soprattutto nella figura di Samuel, il padre di Abigail, che viene costruita una metafora potente del male travestito da rettitudine. La sua violenza, coperta dall’apparenza morigerata della fede è forse l’immagine più disturbante di tutto il romanzo.
Gli uomini tirano sempre il ballo il perdono divino per ciò che fanno alle donne. Ma chi risarcisce le donne di tutto il male che hanno subìto?
L’autrice riesce quindi a costruire un’atmosfera densa e claustrofobica senza mai cadere nel banale. La tensione narrativa si mantiene alta fino alla fine anche senza ricorrere a colpi di scena gratuiti. Questo romanzo lavora sul non detto e sulle crepe che si insinuano nelle relazioni e sulle verità che tutti scelgono di ignorare. Il ritmo è calibrato e la scelta di alternare i capitoli tra passato e presente arricchisce la struttura, dando profondità ai personaggi e al contesto.
Chi ha peccato quindi non è solo un thriller ma una riflessione amare e potente sull’America rurale, sulle sue contraddizioni e sulle sue ferite. È un romanzo che lascia il lettore inquieto come se l’eco di quelle montagne silenziose continuasse a propagarsi anche dopo averlo concluso. Questa è una lettura coraggiosa che fa pensare, adatta a chi vuole leggere qualcosa che vada oltre il genere e scavi nell’anima oscura delle piccole comunità.
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