Una scenografia superlativa per ricostruire con realismo un po’ patinato la ville lumière, la splendida Parigi della Bella Epoque. E’ solo una delle perle che incastona Mister Chocolat, la produzione francese appena giunta nelle sale italiane. Il film si ispira alla vicenda vera di Rafael Padilla, il primo artista nero a calcare un palcoscenico e a conquistare il pubblico del circo e della scena comica. Un talento innato, quello di Chocolat, il nomigliolo con cui si esibisce con l’altro clown bianco Footit, il suo mentore e l’unico vero amico di tutta la sua esistenza. Conquistata la Francia a suon di scenette esilaranti, i due si divideranno poi a causa dell’ambizione e del razzismo imperante, per ritrovarsi in un mesto finale che paleserà il legame profondo che li unisce.
Il mondo circense con la sua malinconia, come sempre succede al cinema, è carico di paradigmi e valenze simboliche. Footit e Chocolat sono due diversi che faticano a fare pace con il mondo. Il clown Footit, interpretato da uno stupefacente James Thiérrée, è un uomo apparentemente freddo e controllato, impegnato a reprimere la propria omosessualità. Il nero Chocolat (poco da dire, purtroppo, sulla recitazione di Omar Sy, già acclamato interprete di “Quasi amici”) deve invece fare i conti con successo e ricchezza arrivati all’improvviso e l’incapacità di dominarli, e pagherà di persona la difficoltà a comprendere le barriere insormontabili della discriminazione razziale. All’inizio i compagni di lavoro di un piccolo circo di provincia, i tanti diversi che trovano la normalità in quell’universo a parte, sembrano accettarli senza complicazioni.
Parigi, invece, è un’altra cosa. E’ l’invidia e la cattiveria dei colleghi. E’ il mondo fuorilegge dell’alcol, degli stupefacenti, della prostituzione e del gioco d’azzardo, che trascineranno Chocolat in un baratro. Preda della sua ambizione, l’artista nero vorrà fare un salto di qualità e affrontare il palco addirittura con Shakespeare, illudendosi che il suo successo e l’amore dimostrato dal pubblico gli permetteranno di affrancarsi dal ruolo subordinato suo e dei suoi avi. Non sa che il pubblico lo plaude e l’accetta quando gioca la parte del negro un po’ tonto, quando è il clown che prende pedate nel sedere e schiaffi dal compare bianco. Anzi, lo sa, ma decide di sfidare il pregiudizio. Con l’aiuto intelligente e amorevole della compagna riuscirà ad arrivare sul grande palco, primo Otello nero a recitare quel ruolo shakespeariano. Sarà uno stupefacente Moro di Venezia, ma i fischi di parte del pubblico scandalizzato soverchieranno e ammutoliranno quelli degli spettatori coinvolti.
Una débacle. La vita crolla addosso a lui ma anche a Footit. Il clown bianco e triste dalla biacca e dal rossetto amaro sul viso, non troverà più il suo posto nel circo. Nessun happy endig, e il ritrovarsi dei due paleserà la profondità della loro amicizia e rappresenterà un triste monito all’ingiustizia sociale. Il film si chiude in modo struggente con gli spezzoni autentici dello spettacolo dei due artisti di inizio Novecento, con un Footit che ricorda le movenze di Charlot e la fragilità di Stan Laurel, accanto allo sfortunato Chocolat che recita il ruolo dell’Augusto, come si diceva della spalla tonta e acrobatica.
Il regista di origine marocchina Roschdy Zem dirige una pellicola ricca di crescendo inframmezzati dalle gag comiche dei due protagonisti, e offre un film avvincente. La scelta di privilegiare le problematiche personali dei personaggi, lasciando la questione razzismo solo abbozzata, risulta intelligente e antiretorica. Zem, ottimo attore, candidato a due Cèsar e in questa veste anche vincitore di una Palma d’Oro a Cannes, conferma il suo talento anche dietro la macchina da presa.
Scheda film
Titolo: Mister Chocolat
Regia: Roschdy Zem
Cast: Omar Sy, James Thiérrée, Clotilde Hesme, Olivier Gourmet, Frédéric Pierrot, Noémie Lvovsky, Alice de Lencquesaing, Olivier Rabourdin
Genere: Biografico/Drammatico
Durata: 110′
Produzione: Mandarin Films
Distribuzione: Videa – CDE
Nazione: Francia
Uscita: 07/4/16
mauro dice
Un buon film, ma a mio parere forse era più necessario approfondire il tema del pregiudizio razziale che non banalizzare tutto con l’ambizione del protagonista