La seconda stagione di “Gomorra – La serie” si chiude con il fedelissimo Malamore, interpretato da Fabio De Caro, che cerca disperatamente di soccorrere il suo boss, Don Pietro Savastano. All’attore, in realtà acclamatissimo dal pubblico della serie televisiva, è toccato recitare una delle scene più orribili e scioccanti di Gomorra. Alcuni spettatori, forse i nipotini di quelli che una volta, dopo aver visto una sceneggiata, aspettavano gli attori fuori dal teatro e menavano il cattivo, hanno reagito male. Fabio De Caro è stato insultato sui social, è risaputo, dalle anime semplici che hanno confuso l’attore con il suo ruolo. Ora tutto questo è solo un brutto ricordo, e anzi, durante la conferenza stampa al Giffoni Film Festival una signora ha chiesto scusa a Fabio De Caro per quella miserrima reazione dei fan di Gomorra.
Molto disponibile, lascia intuire una sensibilità e un calore umano che certo non appartengono al suo personaggio.

Foto di B&B EPOCA
Qual è stato l’impatto con il territorio e con la gente di Scampia, Secondigliano e degli altri quartieri napoletani in cui è ambientata la serie?
Quando giravamo la prima stagione non ci conosceva nessuno. Sul set ce ne stavamo belli tranquilli e la gente che passava ci chiedeva: “Boh, e chi è questo?, poi prendeva e se andava. Per la seconda stagione, invece, quando arrivavamo sul set c’erano già mille – duemila persone ad aspettarci, e ci volevano ringraziare!
Era in fondo cronaca di un successo annunciato… Secondo te il nostro Paese era preparato a un prodotto di questo genere?
No. Credo che “Gomorra – La serie” sia un prodotto più adatto all’estero. Non tutti gli italiani sono pronti. I ragazzi che guardano le serie americane non si scandalizzano, ma capisco bene che quando una casalinga accende il televisore e vede “Gomorra” è tentata di chiamare subito i carabinieri!
Accade perché non siamo abituati a questo realismo?
Le persone si trovano in difficoltà, non sono avvezze a questo tipo di linguaggio. Capisco che dopo una giornata di lavoro, dopo i litigi per la strada, i problemi con i dirigenti e tutto il resto chi torna a casa e accende il televisore vuole avere un messaggio positivo, vuole vedere il prete e i politici buoni, il medico che salava la vita di tutti e non chiede soldi. Poi si torna nella realtà, e non mi sembra che la realtà si avvicini tanto a quello che ci viene proposto normalmente dalla tivù.
Si tratta di un altro tipo di linguaggio?
Esattamente. Noi non raccontiamo storie lontane dalla realtà, e il problema è, come dice lo scrittore Roberto Saviano, che quando tu racconti il male diventi tu stesso il male.

Foto di B&B EPOCA
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