Claudio Amendola, abbronzatissimo, jeans bianchi e maglietta, si presenta ai giornalisti con garbo e molto concentrato, partecipe. Quando gli poni una domanda ti fissa con occhi verde scuro profondissimi, e fa di tutto per rispondere in modo esauriente.
“Qui al Giffoni – spiega – son un esordiente, perché per motivi di lavoro ho sempre dovuto declinare l’invito (sempre arrivato puntuale), e mi rendo conto di aver fatto una sciocchezza incredibile. Infatti è stata un’emozione grandissima incontrare questi ragazzi, incredibilmente preparati, nella masterclass di oggi (18 luglio n.d.r). Una bellissima esperienza e soprattutto che fa ben sperare, perché tutti questi ragazzi che si stanno formando qui potranno essere il ricambio generazionale del cinema”.
Racconta che fare il doppiaggio di un classico della Disney come “Lilly e il vagabondo” è stata un gioia grande che lo ha riportato alle sue preferenze di cartoon nell’infanzia, quando “Lilly” era sicuramente tra i suoi preferiti. Ha affrontato questa esperienza in età matura e con entusiasmo conferma che “tra lui e Romeo, er mejo gatto del Colosseo degli “Artistogatti” non saprebbe dire quale gli sarebbe piaciuto doppiare di più”.
Un carriera, quella di Claudio Amendola, che ha preso il via con pellicole leggere per poi immergersi in un certo cinema che un po’ gli assomiglia, impegnato e ben attento alla nostra realtà. Come “Pasolini, un delitto italiano (1995) di Marco Tullio Giordana, “ La mia generazione” (1996) di Wilma Labate , “Le mani forti” (1996), opera prima di Francesco Bernini. E tanti altri. Una filmografia sterminata, divisa tra cinema e televisione, e sempre di successo. Basti i citare la serie tv “I Cesaroni”. Poi dietro la macchina da presa, come regista, “La mossa del pinguino” (2014), “Il permesso – 48 ore fuori” (2016) di cui è interprete insieme a Luca Argentero, distribuito da Eagles Pictures.
“Adesso sto scrivendo una storia che mi tocca personalmente, che considero un po’ una storia di formazione, dove racconto di un forte rapporto tra padre e figlio. Questo è un mestiere che appaga una mia passione profonda, e spero di riuscire a fare i film e le storie che mi interessano”.
Amendola ha voluto riportarci anche alla cronaca di queste ore, con gli incendi stanno divampando nel Sud della penisola, e che in Campania, da Napoli ai Monti Picentini costituiscono un’emergenza quotidiana “Venendo da Roma – ha detto – avrò visto ottanta o novanta focolai di incendio. Credo che non ci sia molto dire al riguardo, se non che mi piacerebbe acchiapparli”.
Sullo stato di salute del cinema italiano è piuttosto ottimista, ma non risparmia le critiche. “Credo che questo per il nostro cinema sia un momento buono, a parte il solito problema delle sale. Vedo un fermento in atto, e che si producono tante e tante cose. E poi vai vedere gli incassi e scopri cifre irrisorie, che so, trentamila euro, e magari queste pellicole sono costate veramente tanti soldi. Penso che bisognerebbe produrre di meno ma meglio, o magari fare una riflessione per capire se questo è ancora il mezzo giusto. Forse i film dovrebbero andare in rete al momento dell’uscita. Oggi ho incontrato ragazzi che avevano visti molti film ma non in sala. Lì ci vanno coloro che sono innamorati di quel tipo di visione, e continueranno ad andare in sala”.
Piuttosto che vedere film rovinati, a pezzettini, con un sonoro penoso, Claudio Amendola si chiede se non sarebbe meglio dare a tutti la possibilità di scaricarli dal web. “A 2 euro, perché 8 euro per un biglietto non possono permetterselo tutti. Magari li vedranno in pochi, ma i fatti dimostreranno che alla fine i film incassano. Sono sicuro di questo”.
E come dargli torto?
ECCO LA NOSTRA VIDEOINTERVISTA
Riprese di Lorenza Sabatino
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