Disponibile on line Le notti bianche, un film del 1957 diretto da Luchino Visconti, tratto dall’omonimo racconto di Fëdor Dostoevskij. Sceneggiato da Luchino Visconti e Suso Cecchi D’Amico, è stato interamente girato in interni, nel Teatro 5 di Cinecittà (Roma). Anziché a San Pietroburgo, città nella quale la storia originariamente si svolge, il film è ambientato a Livorno. Intere strade e piazze (la via Grande, via della Madonna, parte del quartiere Venezia), corsi d’acqua, monumenti ed edifici pubblici, la fermata dell’autobus, sono stati ricostruiti in teatro, assieme ad elementi architettonici di fantasia. Con Marcello Mastroianni, Maria Schell, Jean Marais, Clara Calamai.
Trama
Mario incontra Natalia che, come tutte le sere, sta aspettando di incontrare un uomo di cui è perdutamente innamorata. Sembra che un sentimento debba nascere tra i due, quando lo sconosciuto compare davvero.
Luchino Visconti: “Ho realizzato Le notti bianche perché sono convinto della necessità di battere una strada ben diversa da quella che il cinema italiano sta oggi percorrendo. Mi è sembrato, cioè, che il Neorealismo italiano fosse diventato in questi ultimi tempi una formula trasformata in condanna. Con Le notti bianche ho voluto dimostrare che certi confini erano valicabili, senza per questo rinnegare niente. Il mio ultimo film è stato realizzato interamente in teatro di posa, in un quartiere che arieggia Livorno, ma senza troppa fedeltà. Anche attraverso la scenografia ho voluto raggiungere non un atmosfera di irrealtà, ma una realtà ricreata, mediata, rielaborata. Ho voluto, cioè, operare un netto distacco tra la realtà documentata, precisa, proponendo una decisa rottura con il carattere abituale del cinema italiano di oggi. Io spero soprattutto di aver aperto, con questo film, una porta ai giovani registi italiani che si stanno affermando”.
Dal romanzo breve Le notti bianche di Fedor Dostojeskij, una calibratissima trasposizione cinematografica di Luchino Visconti, capace di ricreare con eleganza ed essenzialità stilistica l’atmosfera fredda e misteriosa che aleggia intorno alla storia di Mario e Natalie, due cuori solitari persi nei dedali di una città notturna e piovosa, teatro ideale di una tormentata ricognizione dei ricordi. La tenera carezza di uno sguardo contro il fantasma dell’amore di una vita, la limpida transitorietà del presente contro la forza prorompente di un passato sgombro di nubi. I percorsi dell’amore possono essere strani e irti di difficoltà. Possono essere dolci o crudeli, felici o tristi, condurre fino al punto esatto in cui si ritorna a vivere o al termine di un sogno a occhi aperti. Ottenebrare i sensi o chiarire la programmaticità di un inganno.
Natalie è stretta in una morsa delle passioni difficile da superare, prigioniera in una città che ha le forme dei suoi ricordi più cari e che la costringe a condurre sempre oltre un’attesa pregna di speranza. Mario la segue con gli occhi, rapito dalla sua ingenua enigmaticità, attende un cenno che gli indichi la strada, che chiarisca definitivamente i contorni di un’illusione e il peso emotivo di un’assenza. Un melodramma sottratto alla necessità di evidenziare la tragica corrosività delle passioni, insomma, superbamente delineato attraverso i silenzi dell’animo, retto dalle intense interpretazioni di Mastroianni e di Maria Schell e perfettamente incastonato in una città costruita su misura dei misteri del cuore (merito anche della fotografia di Giuseppe Rotunno). Straordinaria la ricostruzione scenografica in un teatro di posa della città di Livorno (di Mario Chiari e Mario Garbuglia), emblema della cesura che Luchino Visconti operò rispetto al Neorealismo.
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