Disponibile su Youtube La signora senza camelie, un film del 1953 diretto da Michelangelo Antonioni. Scritto da Michelangelo Antonioni e sceneggiato insieme a Suso Cecchi D’Amico, Francesco Maselli, Pier Maria Pasinetti, con la fotografia di Enzo Serafin, il montaggio di Eraldo Da Roma, le scenografie di Gianni Polidori e le musiche di Gianni Fusco, La signora senza camelie è interpretato da Lucia Bosé, Gino Cervi, Andrea Checchi, Ivan Desny, Alain Cuny, Gisella Sofio. Il film venne distribuito nel circuito cinematografico italiano il 27 Febbraio 1953. Andrea Checchi vinse la Grolla d’oro per il miglior attore non protagonista. Il film è stato considerato il punto di svolta nell’evoluzione della narrativa filmica in Italia, dal cinema neorealista e, quindi, di critica sociale dove primeggiarono Vittorio de Sica e Cesare Zavattini con Umberto D, negli stessi iniziali anni Cinquanta, all’approfondimento della crisi dei sentimenti, che caratterizzerà il cinema di Antonioni degli anni a venire.
Trama
Clara Manni, ex-commessa, fa fortuna nel mondo del cinema. Di Clara si innamora un produttore: la sposa e mette in cantiere apposta per lei un “Giovanna d’Arco” che è un fiasco e lo porta alla rovina economica. Dopo averlo aiutato interpretando un film commerciale, Clara fugge con un diplomatico, ma anche questa storia d’amore finisce male e la donna, per rientrare nel mondo del cinema, deve adeguarsi alle parti insulse che le offrono.
Frutto di una travagliata realizzazione, dopo varie modifiche di scrittura e un importante cambio di interprete (il ruolo della protagonista fu rifiutato da Gina Lollobrigida perché ritenuto offensivo nei confronti di alcuni personaggi reali del mondo del cinema), merita oggi di essere guardato con l’attenzione che forse non gli è stata mai riservata. Alcuni personaggi, in particolare quelli maschili, risultano abbozzati e il tono generale del film ondeggia indeciso tra la satira di costume e il dramma interiore. Ma l’affresco del mondo di celluloide offerto da Antonioni nell’intreccio metacinematografico non lascerà indifferenti gli amanti della settima arte.
Il sottobosco di cinematografari, produttori e starlette immortalato nel film regala un vivido spaccato dell’industria cinematografica degli anni ’50, duramente accusata di cinismo, vacuità e ipocrisia. Splendida, e densa di significato, la passeggiata dei due amanti tra le scenografie di cartapesta a Cinecittà. Nella sua monografia su Antonioni, Aldo Tassone definisce questa La Signora senza camelie “un film minore pieno però di cose riuscite” e sostiene che “nella filmografia antonioniana occupa probabilmente il posto che si può assegnare a Bellissima in quella di Luchino Visconti“.
Antonioni, infatti, sceglie il registro della divulgazione popolare, tradotta in forma narrativa, con qualche concessione alla poesia, alla comica e al melodramma. Lo stile disomogeneo ricorda un documentario intervallato da siparietti teatrali. Un realismo tumultuoso che si lascia, di tanto in tanto, ammansire da qualche stereotipo letterario. L’effetto è quello di un tessuto grezzo cosparso di ricami classicheggianti, in cui la verità nuda e cruda ama impennarsi, a tratti, sulla sublime suggestione del romanzo.
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