Disponibile Youtube C’eravamo tanto amati, un film del 1974, diretto da Ettore Scola e interpretato da Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Stefania Sandrelli, Stefano Satta Flores, Giovanna Ralli e Aldo Fabrizi. Considerato il capolavoro di Scola, sancisce l’ingresso del regista tra i più grandi cineasti italiani di sempre. A metà tra commedia all’italiana e cinema d’impegno sociale, il film rende anche omaggio ad altri generi cinematografici, in virtù della trama che percorre circa 30 anni di storia italiana, e soprattutto attraverso una serie di intuizioni filmiche in onore di Vittorio De Sica, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Roberto Rossellini e Alain Resnais. La pellicola si aggiudicò molti premi tra cui il Gran Premio al Festival cinematografico internazionale di Mosca, un premio César per il miglior film straniero, tre nastri d’argento, la Grolla d’oro del premio di Saint Vincent. Il film è stato successivamente inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare, “100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978”. Il film è dedicato a Vittorio De Sica, scomparso durante la lavorazione.
Trama
Gianni, Nicola e Antonio hanno fatto la Resistenza, certi di combattere per un futuro migliore. Poi, finita la guerra, hanno preso strade diverse: Antonio è portantino al San Camillo di Roma; Gianni è entrato, grazie al matrimonio, nella famiglia di un palazzinaro; Nicola insegna a Nocera Inferiore finché rompe con la famiglia e con la scuola e tenta di inserirsi nella critica cinematografica a Roma. Luciana, innamorata di Antonio, passa attraverso parecchie esperienze – compreso un tentativo di suicidio – prima di tornare da lui e sposarlo. In occasione di un incontro imprevisto, i protagonisti rievocano i tempi andati e i casi delle loro vite, e prendono atto dei cambiamenti, taluni drammatici.
Con Una giornata particolare e Brutti, sporchi e cattivi, C’eravamo tanto amati è il miglior film di Scola, uno dei titoli più rappresentativi della commedia all’italiana degli anni 70, un bilancio generazionale all’insegna dell’amarezza. Attraverso le vicende parallele di Antonio, Gianni e Nicola, lungo l’arco di trent’anni, il regista mostra come le speranze e gli ideali del dopoguerra siano stati traditi, come la società abbia preso la piega di un materialismo becero dove finisce per spuntarla l’egoismo e l’arrivismo, di cui il personaggio di Gassman è un campione indiscusso. Scola aveva già le idee chiare sul degrado sociale che avrebbe dipinto in maniera ancor più cruda in Brutti, sporchi e cattivi, ma qui emerge la componente più leggera che strappa anche risate e commozione in una miscela davvero sorprendente, grazie alla sceneggiatura scritta coi fidi Age e Scarpelli, che stupisce per libertà della drammaturgia, con alcune scene quasi “oniriche” che lasciano il segno.
C’eravamo tanto amati convince da qualunque parte lo si guardi: per lo stretto rapporto fra l’invenzione stilistica e l’orchestrazione della materia; per la discrezione con cui assorbe le motivazioni ideologiche in una struttura narrativa ampiamente articolata nell’analisi psicologica e di costume. Mischiando l’affetto all’ironia, l’amaro al buffo, e tuttavia serbandosi lucido nel giudizio politico sulle forze che hanno frenato il progresso del paese, fa più opera di conoscenza storica che di generica autocommiserazione generazionale.
Nel cast primeggiano quasi tutti gli interpreti, con un Gassman perfetto nel ruolo dell’avvocato carogna, ma anche un Manfredi in uno dei suoi migliori ruoli di sempre e Stefano Satta Flores straripante nella parte del logorroico Nicola. Al loro cospetto Stefania Sandrelli riesce a non sfigurare e se la cava dignitosamente, dando a Luciana i connotati di una ragazza un po’ ingenua ma sempre pronta a rimettersi in gioco; eccellenti anche le prove di Giovanna Ralli e Aldo Fabrizi, entrambi premiati col Nastro d’argento. Diverse scene memorabili, fra cui la partecipazione di Nicola a “Lascia o raddoppia” di Mike Bongiorno o la scena in cui Antonio e Gianni si rivedono dopo vent’anni e Gianni gli fa credere di essere un parcheggiatore. Un film ormai entrato di diritto nelle migliori antologie del cinema nostrano.
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