Sembra schivo, sorride ma non riesce a nascondere un imbarazzo quasi sofferente nel rispondere alle domande dei giornalisti. Angelo o demone, questo Luca Marinelli che ha appena ricevuto un ulteriore riconoscimento al suo talento: il Globo d’Oro 2018 come migliore attore, ex aequo con Toni Servillo? Sicuramente ambedue, a giudicare dalle corde che riesce a far vibrare con intensità sia nei panni del cattivo irriducibile che in quelli che gli chiedono di esprimere profonda sensibilità e talvolta innocenza gentile. E’ stato capace di scivolare con naturalezza dalla crudeltà nuda dello Zingaro, in Lo chiamavano Jeeg Robot, al tormento complesso e introvertito di Paolo ne Il padre d’Italia. Oppure dagli sguardi del trucido malavitoso Primo, che organizzò nel 1973 il rapimento di Paul Getty III jr (nella serie televisiva Trust) alla inguaribile bontà di Guido in Tutti i santi giorni). E sempre riuscendo a regalare personaggi carichi di sfaccettature, di tonalità diverse.
Ora arriva anche il Globo d’Oro assegnato dall’Associazione della Stampa Estera in Italia per la sua interpretazione del partigiano Milton in Una questione privata. Il film, firmato dai fratelli Taviani ma diretto solo da Paolo in seguito alla malattia di Vittorio, da poco scomparso, è tratto da un romanzo di Beppe Fenoglio.
Una prova convincente Luca l’aveva data recentemente in Fabrizio De André – Principe libero, trasmesso anche in due puntate da RaiUno. L’attore aveva raccolto una sfida non da poco, accettando di interpretare la biografia del cantautore genovese. E aveva anche superato ogni aspettativa cantando in maniera impeccabile alcuni capolavori di De André. Un talento, quello canoro, che aveva già dimostrato in altre pellicole, prima tra tutte Lo chiamano Jeeg Robot. Forse qualche scivolata l’ha avuta solo quando non è riuscito a celare, in alcuni momenti, la sua romanità.
Quella stessa romanità che era risultata così poderosa e commovente in Non essere cattivo. il capolavoro del regista Claudio Caligari, purtroppo, e dico davvero, scomparso prima che fossero completate la produzione e distribuzione del film. Raro vedere sul grande schermo un interprete così intimamente in sintonia con la poesia e la drammaticità della pelllicola. Raro vedere le atmosfere e i luoghi pasoliniani rievocati in modo così denso, profondo ed esasperato. Senza fare torto all’ottimo Alessandro Borghi, che con Marinelli ha condiviso quell’emozionte lezione di cinema
Bravo, questo Luca Marinelli, che ormai ci sembra non essere più solo una promessa ma una solida realtà di questo cinema italiano che comincia a rivelarsi sempre più in buona salute. E anche bello, di una bellezza particolare e personalissima, quella in cui i difetti aggiungono un ulteriore atout, e che gli permetterà di portare sul grande schermo una varietà infinita di personaggi. La sua poliedricità l’ha già dimostrata, ora tocca alla macchina del cinema italiano utilizzarne al meglio i talenti. Un ex aequo con Toni Servillo non è da sottovalutare.
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